Cosa sono gli anthrobot e come potranno riparare cellule umane

I minuscoli dispositivi hi tech potrebbero aprire nuove frontiere alle cure con cellule modificate

27 dicembre 2023
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Nei laboratori di ricerca sono allo studio i primi esemplari di anthrobot, microscopici congegni ibridi in grado di svolgere molteplici funzioni. Una delle applicazioni alle quali si sta lavorando alacremente è quella di creare anthrobot capaci di affiancare cellule lesionate del corpo umano per ripararle o sostituirle, riorganizzandosi assecondando i principi della fisiologia umana (staminali e scaffold) direttamente all’interno degli organi e nello spessore dei tessuti.

 

Stiamo parlando di minuscoli dispositivi, anche più piccoli di un granello di sabbia, elaborati allo scopo di operare all’interno del corpo umano senza scatenare reazioni di rigetto, al fine di svolgere funzioni vicarianti. Un esempio recente riguarda la creazione di microscopici biorobot specializzati nella riparazione di tessuto nervoso danneggiato. I primi risultati delle sperimentazioni, pubblicati sulla rivista Advanced Science, sono stati ottenuti da un gruppo di ricercatori delle università americane Tufts e Harvard.

 

Anthrobot è una contrazione del termine anthropos, che deriva dal greco antico, significa essere umano, coniugato con robot, parola di origine ceca che indica una creatura artificiale dotata di intelligenza acquisita, con un grado variabile di autonomia. Questo termine viene utilizzato per indicare una particolare tipologia di biorobot, un microscopico supporto che incorpora elementi biologici, ad esempio tappeti di molecole organiche o intere strutture cellulari.

 

L’etimologia del termine anthrobot nasce dal desiderio di descrivere una specifica categoria di applicazioni evolute da impiegare in ambiti specifici, come la medicina rigenerativa.

 

Dna cellulare intatto

Gli anthrobot descritti in quest’ultimoa ricerca hanno dimensioni che variano dallo spessore di un capello umano alla punta affilata di una matita. In laboratorio sono state impiegate cellule tracheali hanno strutture simili a ciglia, che in questi biobot costituiscono una sorta di minuscoli mezzi di trasporto autonomi. I ricercatori non sono intervenuti sul Dna cellulare, quindi non hanno apportato alcuna modificazione genetica alle singole cellule, si legge sul testo diffuso da Nature, ma hanno riconfigurato le interazioni tra loro, facendo in modo che si aggregassero in nuove geometrie, differenti da quelle che assumono nel corpo umano.

 

Riprogrammazione

“Volevamo verificare che cosa possono fare le cellule oltre a dare origine a caratteristiche predefinite nel corpo imano”, ha scritto Gizem Gumuskaya, che ha lavorato alla ricerca con Michael Levin, PhD., membro della facoltà associata del Wyss Institute for Biologically Inspired Engineering dell’Università di Harvard e da tempo impegnato in studi e approfondimenti nel settore. “Riprogrammando le interazioni tra le cellule”, ha proseguito Gumuskaya, “abbiamo visto che è possibile creare una nuova struttura, analogamente al modo in cui pietra e mattoni possono essere disposti in diversi elementi strutturali come muri, archi o colonne”.

 

La scoperta

Gli studiosi hanno individuato una sorprendente capacità di queste cellule nel favorire la ricrescita di neuroni umani nel caso in cui lo strato cellulare sia stato danneggiato. Non è ancora chiaro il meccanismo di fondo di questo fenomeno, che verrà approfondito ulteriormente. In generale, però, questa scoperta, affermano i ricercatori, è importante perché rappresenta un punto di partenza e, in futuro, potrebbe permettere di modificare le cellule prelevate allo stesso paziente per realizzare strumenti terapeutici personalizzati, validi ai fini della rigenerazione e riparazione di tessuti dei vari organi, colpiti da malattie.