Sushi, tra mito e realtà: quanto è davvero sano? Cosa sapere prima di mangiarlo

Piatto simbolo della cucina giapponese, il sushi è amato anche in Italia. Ma non è sempre così salutare: attenzione a zuccheri, parassiti e conservazione

di Redazione Salus
18 giugno 2025
Sushi: fa bene o male? Benefici e rischi da conoscere

Sushi: fa bene o male? Benefici e rischi da conoscere

Il 18 giugno si celebra la Giornata Mondiale del Sushi, appuntamento simbolico per un piatto ormai globale, capace di unire cultura gastronomica, estetica e gusto esotico. Amato da molti per la sua leggerezza apparente e per la varietà degli ingredienti, il sushi è spesso percepito come un cibo sano, adatto a chi segue una dieta equilibrata. Ma è davvero così? 

A fronte di alcuni benefici nutrizionali, il consumo regolare o non consapevole di sushi può comportare alcuni rischi per la salute. L’attenzione è in relazione alla qualità degli ingredienti e alla conservazione, così come per il contenuto reale di zuccheri e sodio. L’Istituto Superiore di Sanità e il Ministero della Salute non solo hanno più volte richiamato l’attenzione su rischi microbiologici e parassitari legati al pesce crudo, ma anche sulle false credenze nutrizionali di cui siamo talvolta vittime.

Giornata Mondiale del Sushi

La Giornata Mondiale del Sushi si sovrappone alla Giornata dedicata alla Gastronomia Sostenibile: un’occasione che invita a riflettere sugli ingredienti e le preparazioni dietro i cibi che consumiamo. Anche le ricette più amate possono nascondere insidie. Privilegiare una produzione sostenibile significa dare una mano all’ambiente, ma anche alla nostra salute.

Cosa c’è davvero dentro al sushi

Dal punto di vista nutrizionale, il sushi contiene ingredienti semplici e potenzialmente benefici, come riso, pesce crudo o cotto, alghe, verdure. Il pesce, in particolare salmone e tonno, apporta proteine nobili, omega-3 e vitamina D, utili per la salute cardiovascolare. Tuttavia, il riso utilizzato per la preparazione del sushi è un riso bianco, povero di fibre, condito con aceto di riso e zucchero, spesso in quantità elevate per garantirne la consistenza e il sapore.

Come indicato nelle linee guida sul sushi per pazienti diabetici elaborate dal Johns Hopkins Comprehensive Diabetes Center, appartenente alla Johns Hopkins University School of Medicine, un tuna roll di otto pezzi può contenere fino a 15 grammi di zuccheri aggiunti (equivalente a 3 cucchiaini), oltre a circa 1.000 mg di sodio. Si tratta di un impatto glicemico non trascurabile. A questo si sommano salse molto salate come la salsa di soia, che può contribuire a un eccesso di sodio, senza contare l’uso di maionese o fritture nei roll “fusion”, che aumentano il contenuto calorico e lipidico.

Il pesce crudo e i suoi rischi

Un altro fattore da considerare quando scegliamo un ristorante sushi è che il consumo di pesce crudo comporta rischi microbiologici e parassitari, legati alla presenza potenziale di Anisakis, Listeria monocytogenes, Salmonella o altri patogeni. Il Ministero della Salute ricorda che, per essere idoneo al consumo crudo, il pesce deve essere preventivamente abbattuto a -20 °C per almeno 24 ore, operazione obbligatoria nei ristoranti ma non sempre rispettata in ambito domestico.

L’EFSA (European Food Safety Authority) conferma che l’infezione da Anisakis, parassita intestinale che può causare sintomi gastrointestinali acuti o reazioni allergiche, è un rischio emergente anche in Europa, in particolare tra chi consuma regolarmente pesce crudo o marinato. L’uso improprio di prodotti surgelati o non correttamente conservati può aumentare il pericolo.

Sushi ogni tanto? Dipende...

Per una persona in buona salute consumare sushi occasionalmente in un ristorante certificato non rappresenta un pericolo e può inserirsi in una dieta varia. Tuttavia, soggetti con patologie epatiche, immunodepressione, donne in gravidanza o bambini piccoli dovrebbero evitare il consumo di pesce crudo o non sottoposto a trattamento termico, come raccomandato dall’ISS e dall’OMS.

Anche chi soffre di ipertensione o disturbi glicemici dovrebbe limitare il consumo di sushi industriale o da asporto, spesso ricco di sodio e zuccheri aggiunti. La percezione di “cibo leggero” che di frequente si ha in relazione al sushi rischia di diventare fuorviante se non si considera la densità calorica e l’indice glicemico complessivo del pasto. Alcuni piatti, come i roll fritti o con salse, possono raggiungere facilmente le 500-600 kcal a porzione.

Il sushi fa bene o fa male?

La risposta dipende dalla qualità degli ingredienti, dalla frequenza del consumo e dal contesto alimentare complessivo. Il sushi può rappresentare un’alternativa gustosa e, in alcuni casi, anche equilibrata, se preparato con attenzione e consumato con moderazione.

Privilegiare versioni semplici, evitare gli eccessi di salse, limitare l’uso di sale e considerare il sushi come parte di un pasto e non come “snack sano” sono strategie utili per ridurre i rischi.

Come sempre, le parole chiave da ricordare sono: consapevolezza e moderazione. Conoscere ciò che si mangia e sapere ciò di cui abbiamo bisogno aiuta a scegliere meglio.

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