Con il sostegno di:

Aids, facciamo il punto sulle terapie

Andrea Gori (ospedale Sacco di Milano): «Molte alternative, ma essere costanti è sempre fondamentale»

19/11/2022 - di Maurizio Maria Fossati

L’AIDS deve ancora far paura, perché di Aids si muore ancora. Attenzione quindi, contro l’infezione da virus HIV, responsabile dell’AIDS, è vietato abbassare la guardia. Sì, certo, oggi ci sono cure molto efficaci, ma che non riescono comunque a eradicare il virus dall’organismo. Le terapie di cui disponiamo possono solo bloccare fino ad azzerare la replicazione, ma questo ancora non basta per eradicare il virus. Contenendolo, le cure riescono a evitarne la trasmissione alle altre persone. Ma il virus resta in agguato nel corpo dell’ammalato per sempre. Se si interrompono le terapie, il virus riprende a replicarsi, quindi, le cure dureranno per tutta la vita. Ne parliamo con Andrea Gori, direttore del Dipartimento Malattie Infettive dell’ospedale Sacco di Milano.

 

 

Professor Gori, la ricerca, pur non essendo ancora riuscita a sconfiggere il virus HIV, ha fatto passi da gigante nella capacità di controllarlo. Ci può illustrare lo stato dell’arte nelle cure contro l’AIDS?

 

«Certo. Oggi usiamo terapie combinate che racchiudono più molecole in un’unica compressa da assumere giornalmente. Un grande vantaggio rispetto alle prime cure, quando le pastiglie da ingerire superavano la decina al giorno. Ma non solo. Oggi disponiamo anche di farmaci ancora più innovativi, che vengono somministrati con un’iniezione intramuscolare ogni due mesi».

 

 

Ci può spiegare come funzionano questi farmaci?

 

«Sono sostanzialmente farmaci antiretrovirali progettati per interrompere la replicazione del virus dell’immunodeficienza umana (HIV). In pratica hanno la capacità di azzerare completamente la replicazione del virus a livello plasmatico. Questo però non vuol dire guarire completamente dall’infezione ed eradicare il virus. Tuttavia rappresentano una straordinaria arma di controllo dell’infezione. Il virus, infatti, resta integrato all’interno delle cellule e così non si può replicare. Rimane ‘bloccato’ nelle cellule. Se, però, la terapia dovesse essere interrotta, per esempio per una settimana, ecco che vedremmo ripartire il virus con la sua attività precedente».

 

 

Si tratta quindi di farmaci da assumere per tutta la vita?

 

«Indubbiamente sì. E la loro assunzione deve essere estremamente precisa e rigorosa perché altrimenti il virus potrebbe mutare e dare origine a resistenze che potrebbero rendere inefficace il trattamento terapeutico in corso e quindi difficile controllare l’infezione».

 

 

E ciò sarebbe grave?

 

«Certamente. A tutt’oggi non abbiamo a disposizione alternative terapeutiche infinite. Renderle inefficaci diventerebbe estremamente pericoloso per il controllo della malattia».

 

 

Professor Gori, i pazienti in terapia possono trasmettere la loro infezione?

 

«No. La scienza ha permesso di capire in maniera incontestabile che il paziente con HIV trattato correttamente e con replicazione virale azzerata non trasmette l’infezione. Questo permette al paziente di avere una vita normale nei rapporti con i familiari e le persone che lo frequentano. È inoltre stata anche accertata la possibilità di avere figli assolutamente sani. Altra cosa, invece, sono quei pazienti che (magari scoprendo tardi la loro positività) hanno permesso all’infezione di progredire in AIDS. In questa fase, la gravità della malattia si manifesta con infezioni causate da patogeni opportunisti la cui progressione può essere mortale. E l’AIDS grave può manifestare sintomi molto evidenti come, per esempio, il sarcoma di Kaposi, un tumore aggressivo caratterizzato dalla comparsa di macchie o noduli blu e violacei».

 

 

Una pietra miliare della diagnosi è stato il test del sangue ELISA in grado di rilevare la presenza di anticorpi specifici del virus. Professor Gori, ci sono novità sul fronte della diagnosi?

 

«Anche oggi è l’esame del sangue che può darci la certezza dell’infezione. Ma usiamo test combinati anticorpali e antigenici di quarta generazione che sono estremamente sensibili. Praticamente non esiste più il periodo finestra e il test può essere fatto molto presto. In aggiunta ci sono anche test salivari estremamente attendibili che possono essere acquistati in farmacia e fatti tranquillamente a casa».

 

 

Per finire, anche se dovrebbe essere risaputo, vogliamo ricordare che non si prende l’HIV, come accade con l’influenza, andando al cinema o in autobus. l’HIV viene trasmesso tramite rapporti sessuali non protetti e contatti di sangue. Quindi l’unica prevenzione dall’infezione è evitare comportamenti che possano esporre al rischio di contagio. In definitiva, nei rapporti sessuali la prevenzione consiste nell’inequivocabile utilizzo del profilattico.

 

 

Test sulle scimmie: vaccino efficace

 

Il vaccino contro l’Hiv potrebbe essere più vicino, almeno secondo i risultati di uno studio, pubblicato sulla rivista Science Immunology, condotto dagli scienziati della Emory University, del Louisiana State University Health Sciences Center, e della Duke University. Gli scienziati hanno testato il farmaco in un gruppo di macachi rhesus, un farmaco in grado di proteggere dal clade C del virus dell’immuno deficienza umana (HIV), un particolare ceppo dell’agente patogeno che riguarda circa la metà delle infezioni da HIV.

 

Il team che il vaccino ha avuto un’efficacia del 68 per cento. Inizialmente formulato per il clade C, il vaccino potrebbe essere esteso per offrire protezione contro diverse varianti dell’HIV. Esistono molte varianti del virus dell’immunodeficienza umana, spiegano gli autori, e in passato la ricerca si è concentrata su come sfruttare le caratteristiche della proteina spike del virus.