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Adolescenti fragili, lo psichiatra: imparare a controllare le emozioni

Michele Sanza: "Guerra e pandemia acuiscono il senso di smarrimento nei giovani"

27/04/2022

La pandemia e il conflitto in Ucraina hanno acuito, il numero degli adolescenti che sviluppano comportamenti autolesionistici, disturbi del comportamento alimentare, abuso di sostanze e alcol e, nei casi più gravi, commettono tentativi di suicidio. Esiste un comune denominatore? Secondo Michele Sanza, psichiatra e psicoterapeuta, il comune denominatore è la disregolazione emotiva. Un complesso fenomeno dovuto all’incompleta formazione dei meccanismi che presiedono al controllo delle emozioni. Un atteggiamento che si manifesta con comportamenti eclatanti che hanno il significato funzionale di interrompere stati mentali vissuti come intollerabili.

 

A cosa è dovuto il fenomeno della disregolazione emotiva?

“Per comprendere di cosa si tratta, occorre prima di tutto chiarire come, nel corso dello sviluppo della personalità, si acquisisce la padronanza dei propri stati emozionali. Si tratta di un percorso comunque difficile, che abbiamo attraversato tutti, durante il quale mettiamo insieme la matrice originaria del nostro attaccamento con le successive esperienze relazionali, fondamentali per accordare le emozioni. Durante l’adolescenza le emozioni sono molto forti, vivaci, a volte addirittura violente, perché le strutture del cervello che le ospitano, il sistema limbico, sono molto grandi, e ancora poco addomesticate, mi passi il termine. Nel corso della maturazione del cervello si avrà una progressiva riduzione dell’importanza di queste strutture, che saranno gradualmente assoggettate all’influenza moderatrice della corteccia, ove hanno sede il pensiero astratto, il senso etico, la pianificazione”.

 

Che cos’è l’attaccamento e perché le esperienze relazionali sono così importanti per il controllo delle emozioni?

“L’attaccamento è la modalità prevalente con cui nei primi 18 mesi di vita abbiamo interagito con i nostri genitori. Da questa fase dipendono molti aspetti della nostra futura personalità, anche se sarebbe sbagliato ritenere che ciò che accadrà dopo non abbia importanza. Sono le esperienze relazionali successive infatti che ci permettono, attraverso il rispecchiamento, di acquisire le funzioni mentali che permettono di ricostruire gli stati emotivi altrui a partire dai dettagli delle espressioni del volto, del tono della voce , della postura”.

 

Ma cosa c’entrano le emozioni?

“Le emozioni c’entrano eccome, perché se quel processo di sviluppo non ha consentito di strutturare in maniera sufficientemente solida la capacità di accogliere i tumultuosi stati affettivi ed emotivi dell’adolescenza, quasi sempre originati dalle relazioni,  questi diventano delle vere e proprie tempeste. E quando la tempesta è il dolore o la paura dell’abbandono o la vergogna, ci si trova impreparati ad affrontarla”.

 

E allora l’autolesionismo è una forma di punizione?

“Non direi proprio. Piuttosto ha il significato funzionale di interrompere uno stato emotivo divenuto intollerabile. L’autolesionismo, come il controllo eccessivo del cibo o l’abuso di sostanze fungono da modalità, certamente disfunzionali, di soppressione delle emozioni  negative. Sono un cattivo surrogato del fisiologico controllo che tende ad armonizzare le emozioni con i pensieri”.

 

 

Cosa accadrà in seguito nella vita adulta di questi adolescenti?

 “Naturalmente molti raggiungeranno, a fatica ma lo raggiungeranno, uno stadio di maturazione che permette di superare queste modalità e di acquisire una personalità sufficientemente strutturata. Altri andranno incontro a disturbi mentali che conosciamo molto bene, come il disturbo borderline di personalità o il disturbo bipolare”.

 

Al convegno di Motore Sanità lei ha affrontato queste problematiche in chiave esistenziale. Cosa si può fare per limitare il disagio giovanile?

“Occorre far sì che i genitori abbiano il tempo di stare con i propri figli, i ritmi del lavoro attuale spesso non lo consentono. Occorre fare leva sulla scuola perché sia luogo di socializzazione e non solo di apprendimento. Occorre potenziare gli interventi psicologici per i minori e per gli adolescenti, ma anche per gli adulti, perché se gli adulti stanno male la loro sofferenza ricadrà inevitabilmente sui figli. In Italia purtroppo la salute Mentale è la cenerentola dalla sanità. Un solo dato parla molto chiaro: noi spendiamo il 3,5% del budget del Servizio Sanitario Nazionale per la Salute Mentale, la Germania il 13% e l’Inghilterra il 9 per cento”.