Sparatoria a Roma, i deliri e le ossessioni di Claudio Campiti

Il figlio morto il giorno prima del 15esimo compleanno, da quel momento l'uomo non è stato più lo stesso. Hitler e Mussolini sui social, l’odio e le paranoie sul suo sito. "Viveva in condizioni al limite"

Roma, 12 dicembre 2022 - "Benvenuti all’inferno. Qui con il Codice Penale lo Stato ci va al cesso. Qui denunciare è tempo perso so tutti ladri". Si apre così il blog che Claudio Campiti, il 57enne fermato ieri per la mattanza nel bar di Fidene, aveva creato per sfogare anni di frustrazione e risentimento nei confronti del Consorzio Valleverde. Un condensato di minacce e accuse deliranti con tanto di nomi e cognomi dei suoi nemici giurati. Alla base dell’astio di Campiti verso il Consorzio, che definisce "una associazione a delinquere, direi anche mafiosa", vi sono le tante spese da pagare – "il pizzo" –, l’impossibilità, a suo dire, di ottenere servizi essenziali, e una lunga serie di "atti intimidatori dei mafiosi locali" verso di lui. "Mi stanno tenendo senza pubblica illuminazione, – scrive Campiti nel suo blog – si sa al buio si vede meno e si può sparare in tranquillità".

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Quella casa senza acqua e fognatura

In quella casa, uno scheletro di villetta mai finita con un alloggio rimediato al piano terra, Campiti viveva senza acqua e senza allaccio alle fognature. "Aveva una situazione particolare, irrisolvibile. Pretendeva di rendere abitabile lo scantinato di un palazzo in costruzione di cui c’era solo lo scheletro. Ma non si poteva abitare, non si poteva fare. Però lui ci viveva, e pretendeva che in qualche modo gli fosse riconosciuto un suo diritto – ha raccontato Stefano Micheli, sindaco di Rocca Sinibalda, uno dei due paesi del Reatino sui quali insiste il Consorzio Valleverde –. Gli era rimasta la proprietà di questo scantinato – racconta ancora il sindaco – era molto legato a questa abitazione, e credo che per lui fosse l’unica cosa che aveva. Non sono certo se avesse o no un lavoro". È lo stesso Campiti a confermare di non avere un’occupazione: "Adesso c’è chi mi consiglia di trovarmi un lavoro dopo che lo Stato – si legge nel blog – il lavoro me lo ha tolto mettendo su una truffa e derubandomi, roba da matti".

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La tragedia del figlio e i deliri

Ma la vita di Campiti, da quanto si apprende, non è sempre stata così. Nelle zone del Reatino dove abitava la sua storia è nota. Sembra che i primi segni di squilibrio si siano manifestati in seguito alla tragedia che il 1° marzo 2012 ha colpito la sua famiglia. Suo figlio Romano ha perso la vita il giorno prima del suo 15esimo compleanno schiantandosi contro un albero con lo slittino. A Sesto, sulla Croda Rossa, l’aveva portato il maestro di sci da Cortina, dove il ragazzo, studente del Lycée Chateaubriand di Roma, era in vacanza con la famiglia. Come racconta in un’intervista la madre del ragazzo, Rossella Ardito Campiti – che per anni insieme alla famiglia ha girato il mondo come addetta culturale nelle ambasciate – quelli successivi sono stati "anni duri di battaglie legali". Anni che Claudio Campiti ha dedicato a seguire l’iter giudiziario, convinto che quella pista fosse troppo pericolosa per un ragazzo inesperto. Tra il 2016 e il 2017, il maestro di sci e due responsabili dell’impianto, sono stati condannati in primo e secondo grado e alla famiglia sono andati 240mila euro di risarcimento. Ma la giustizia non è servita a placare l’odio di Campiti, che sul suo profilo Facebook tra foto di gatti e sorrisi ha postato immagini di Hitler e Mussolini, e una medaglia col fascio littorio e il motto ’Molti nemici molto onore’. Ora resta solo l’orrore.

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