Per approfondire:
Roma, 15 febbraio 2022 – Blitz anti riciclaggio in dieci regioni, con 75 misure cautelari e il sequestro preventivo di beni per un valore di oltre 18 milioni di euro nel corso dell’Operazione Levanteia messa a segno oggi. Sono, complessivamente, 86 le persone indagate, tra imprenditori, professionisti e pubblici ufficiali. Coinvolto anche un colonnello della guardia di finanza in servizio a Roma. Un traffico illecito che ha generato un volume di affari per oltre 170 milioni di euro, attraverso un sistema perfetto messo a punto da un’organizzazione criminale che agiva in Puglia e Lombardia, con il supporto della mafia barese.
La mano lunga della mafia del Levante agiva in mezza Italia, con propaggini oltre confine, attraverso il riciclaggio internazionale di soldi “sporchi”, frodi fiscali e trasferimento fraudolento di valori, contrabbando di prodotti energetici. Ma non solo. Le due organizzazioni criminali intercettate dall’Antimafia rastrellavano soldi anche con “le estorsioni, il traffico di sostanze stupefacenti e la detenzione illegale di armi". Un’articolata associazione a delinquere, “aggravata dalla transnazionalità”.
Sommario:
- Traffici illeciti con affiliati in 10 regioni
- Operazione Levante: ecco in cosa consiste
- Quali sono le accuse
- Una rete di professionisti compiacenti
Traffici illeciti con affiliati in 10 regioni
La complessa operazione – che oggi ha portato alla notifica di 75 misure cautelari, di cui 15 persone finite in carcere, 44 agli arresti domiciliari, 14 con obbligo di firma e 2 misure interdittive – è partita dalla Puglia ed è stata condotta in Emilia Romagna, Veneto, Lazio, Campania, Abruzzo, Liguria, Lombardia, Piemonte e Toscana. A partire da questa mattina, sono state mobilitate su tutto il territorio nazionale oltre 500 unità della Dia e della guardia di finanza, con il contributo di Polizia di Stato e Carabinieri, nonché con il supporto di mezzi aerei e unità cinofile per la ricerca di stupefacente e denaro delle fiamme gialle.
Eseguito anche un sequestro preventivo di beni per un valore di oltre 18 milioni di euro emesso dal gip su richiesta della Procura di Bari. Con l'esecuzione delle misure, si legge in una
nota della Procura, "sono stati riconosciuti gravi indizi di colpevolezza a carico dei componenti di due strutturati sodalizi criminali con proiezione transnazionale, operativamente collegati, dediti alla commissione di una pluralità di delitti".
Operazione Levante: ecco in cosa consiste
Levante, questo il nome dell'operazione, è l'epilogo di un'articolata attività di indagine svolta dalla Dia e dal Nucleo di polizia economico-finanziaria della guardia di finanza di Bari attraverso l'incrocio dei dati risultanti da segnalazioni di operazioni sospette e intercettazioni telefoniche, ambientali e telematiche, ma anche l’interrogatorio di persone informate sui fatti e di
collaboratori di giustizia. Un quadro complesso emerso anche dalla documentazione acquisita dagli investigatori e dagli smartphone sottoposti a sequestro a seguito delle perquisizioni eseguite, nonché dall'attività di osservazione, controllo e pedinamento.
Quali sono le accuse
Secondo l'impostazione accusatoria accolta dal gip del Tribunale di Bari, le ipotesi di reato contestate riguardano, innanzitutto, le presunte condotte illecite di soggetti organici a una prima associazione criminale attiva nel capoluogo pugliese e in Lombardia, la cui operatività è stata disvelata dalle attività investigative effettuate dalla Dia. Dalle indagini – spiegano dalla Procura – è infatti emerso che, "attraverso un sistema di aziende consorziate, l'organizzazione criminale avrebbe sviluppato un volume di affari illecito pari a circa 170 milioni di euro mediante ingenti frodi fiscali poste in essere attraverso l'indicazione di crediti Iva fittizi scaturenti da inesistenti operazioni passive indicate nelle dichiarazioni fiscali in assenza delle relative fatture”.
Una rete di professionisti compiacenti
“Tali crediti, asseverati da professionisti compiacenti, sarebbero stati poi utilizzati dal sodalizio per il tramite di prestanome – continuano dalla Procura di Bari – per compensare poste attive o i versamenti relativi ai contributi previdenziali e assistenziali, alle ritenute fiscali e alle altre somme dovute. I guadagni per i membri del consorzio sarebbero risultati enormi, perché attraverso il meccanismo della creazione di crediti Iva fittizi non avrebbero versato le imposte, nonché i contributi previdenziali e assistenziali dovuti".
I proventi così illecitamente realizzati sarebbero, quindi, stati reimmessi nel circuito economico attraverso articolate operazioni di riciclaggio. Proprio nella fase della "monetizzazione" dei
proventi illeciti sarebbe emerso il coinvolgimento della criminalità organizzata barese, in grado di reclutare numerosi "fiduciari" a cui intestare carte di credito con le quali drenare, secondo una tempistica prestabilita, le provviste illecitamente conseguite dal sodalizio per il successivo reinvestimento anche nel narcotraffico.
In tale filone investigativo è anche emersa una presunta vicenda corruttiva coinvolgente un colonnello della guardia di finanza in servizio a Roma che, in cambio di utilità economiche e
di altra natura, avrebbe fatto eseguire abusivi accessi al sistema informatico strumentali ad acquisire notizie da comunicare a uno dei promotori dell'organizzazione criminale.
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