E’ morto Flavio Carboni, chi era l'uomo dei misteri: da Calvi alla P3

Aveva da pochi giorni compiuto 90 anni. Nel mondo finanziario e immobiliare dagli anni ‘70 fu accusato (e assolto) per la morte del banchiere Roberto Calvi

Flavio Carboni

Flavio Carboni

Roma, 24 gennaio 2022 - Faccendiere al centro di mille misteri italiani, è morto nella notte nella sua casa di Roma, a 90 anni da poco compiuti, Flavio Carboni. Nato a Torralba (comune del Sassarese) nel 1932 era sulla breccia da almeno 50 anni, quando il suo attivismo e la sua curiosità lo portarono ad affacciarsi nel mondo dell'alta finanza. Aveva intrecciato rapporti che andavano dal mondo dellʼalta finanza alla politica, alla massoneria.

Gli sono state attribuite amicizie o frequentazioni pericolose come con l'ex 007 Francesco Pazienza o con l'allora capo della loggia massonica P2 Licio Gelli. Ha avuto rapporti d'affari con l'imprenditore Silvio Berlusconi, non ancora sceso in politica.

Carboni è stato protagonista delle vicende giudiziarie più clamorose degli ultimi 40 anni, casi spesso irrisolti: a partire dal 1982 è stato più volte arrestato e processato, costretto a difendersi dalle accuse più disparate: dall'attentato al vicepresidente del Banco Ambrosiano Roberto Rosone all'omicidio del banchiere Roberto Calvi fino all'accusa di corruzione nell'ambito di una inchiesta sugli appalti per l'energia eolica in Sardegna, 'costola' del procedimento principale sulla cosiddetta P3. E poi negli anni tante altre accuse di falso, truffa e bancarotta.

“Non era San Francesco ma neppure il personaggio tanto misterioso di cui si è a lungo favoleggiato", dice di lui Renato Borzone, l'avvocato storico di Carboni. "La dietrologia fatta attorno al personaggio è dovuta proprio alla sua personalità multiforme piuttosto che a reali appartenenze a settori segreti che non furono mai dimostrati. Posso dire che Carboni non porterà con sè nessun segreto particolare".

L'unica condanna definitiva (8 anni e mezzo) ed è legata al crac del Banco Ambrosiano. Nel 2010, Carboni venne sentito come testimone anche sul rapimento di Emanuela Orlandi la quindicenne figlia di un commesso della Prefettura della casa pontificia.

Il ricordo del magistrato Lupacchini, l’ascesa in politica di Berlusconi

"Flavio Carboni era il prodotto dei suoi tempi, che aveva attraversato tutta la Prima Repubblica e la Seconda in un ambiente nel quale chiaramente riusciva a trovarsi a suo agio, intessendo una rete di relazioni che gli consentiva di rapportarsi con chiunque svolgendo l'attività di riciclatore ma senza averne consapevolezza" lo descrive così il magistrato Otello Lupacchini, che nella sua lunga carriera si è occupato, fra molto altro, anche della morte del banchiere Roberto Calvi.

"Intendo dire - osserva Lupacchini - che Carboni dava la definizione del ricorso ai finanziatori privati come un 'modus vivendi' senza aver provato mai nessun rimorso o rammarico per quello che faceva. Era una personcina che aveva le sue idee, chiarissime, e sapeva utilizzare tutte le 'opportunità' che gli offrivano i suoi tempi, almeno fino a quello che lui definì 'l'incidente Calvi".

"Ricordo il giorno in cui, nel marzo del 1994, vennero aperte le urne delle elezioni politiche - rammenta Lupacchini -, mentre lo stavo interrogando nel mio ufficio, sul televideo comparvero i risultati che assegnavano la vittoria a Berlusconi. Lo vidi diventare grigio terreo e subito dopo disse 'se non avessi avuto l'incidente Calvi, al posto di Berlusconi ci sarei stato io'. Restammo tutti basiti per questa sua reazione".

L’ultima intervista: “Mai stato nella P2”

"Non ho mai conosciuto Gelli, non ho mai fatto parte della P2". Anzi, "non ho mai fatto parte della massoneria in generale. Che poi abbia conosciuto tanti personaggi di primissimo piano - come tutti a quell'epoca del resto - che potessero avere simpatie o aderire a logge è un'altra storia". A parlare, nell'ultima intervista rilasciata l'11 marzo 2021, è lo stesso Carboni.

Al centro di mille gialli italiani dal crac del Banco Ambrosiano all'omicidio di Roberto Calvi, fino alla loggia P3, ribattezzata così proprio per sottolinearne l’assonanza con la loggia P2 di Licio Gelli, caso ancora aperto per il quale nel 2018 Carboni è stato condannato in I grado a 6 anni e 6 mesi. Una storia, quella della P3, che l'imprenditore nell'intervista liquidava come "un'altra grottesca invenzione", sottolineando come "di tutti i personaggi che sarebbero stati coinvolti nella P2 non ce n'era uno in questa che hanno chiamato P3... Né nessuno peraltro che avesse una qualche partecipazione in organizzazioni massoniche di sorta...".

Quanto alla loggia di Gelli, raccontava, "ho avuto un rapporto molto intenso con Armando Corona, gran maestro del Grande Oriente, e della P2 so quello che mi ha detto lui - racconta Carboni - Uno dei grandi protagonisti della formazione di quella branca massonica penso sia stato Umberto Ortolani, credo possa definirsi il 'padre' della P2. Poi Gelli ne è stato un ottimo allievo nello svilupparla e nel raccogliere tutte quelle adesioni molto importanti, di qualità... Ci sarebbe stato perfino l'allora capo del Sismi, Giuseppe Santovito. Se c'è qualcosa da domandarsi, dunque, è come mai la P2 abbia raccolto il consenso di tanti autorevoli personaggi".

Quanto al collegamento con stragi, eversione nera, depistaggi, "molti partecipanti alla P2 dichiaratamente facevano parte della destra - diceva Carboni nell'intervista -, ma non certo della destra estremista, rivoluzionaria o violenta. Quelli che ho conosciuto io erano tutt'altro che violenti: Santovito era un bonaccione che tutto poteva fare meno che il capo dei servizi segreti e i commenti che ho avuto da Corona non erano certo tutti favorevoli alla P2 ma neanche accennò mai a degli estremismi reazionari così violenti, sanguinari".