Fratelli Bianchi, la lettera alla mamma di Willy: "Non è morto per mano nostra"

Alla vigilia della sentenza che oggi ha condannato i fratelli Bianchi all'ergastolo, Marco ha scritto una lunga lettera a Lucia Monteiro, parlando anche a nome di Gabriele

Roma, 4 luglio 2022 – “Siamo semplici ragazzi di famiglia e di cuore. Quel ragazzo non è morto per mano nostra. L'ho messo in chiaro in aula, davanti al giudice, guardando in faccia la povera madre di Willy. Prima o poi la verità verrà fuori”. Sono alcune frasi della lunga lettera scritta dal 25enne Marco Bianchi che, insieme al fratello Gabriele, è stato condannato oggi all’ergastolo per l’omicidio del cuoco italo-capoverdiano Willy Montairo Duarte. Una tragedia terribile avvenuta nella notte del 6 settembre 2020 a Colleferro, per il pestaggio letale sono stati condannati anche Francesco Belleggia, a 23 anni di carcere, e Mario Pincarelli, 21 anni di reclusione.

I passaggi chiave della lettera: 

I fratelli Bianchi. Nel riquadro: la mamma di Willy
I fratelli Bianchi. Nel riquadro: la mamma di Willy

“La paura più grande è la galera”

La lettera, indirizzata alla madre di Willy, Lucia Monteiro, è arrivata pochi giorni prima della sentenza della Corte d’Assise che ha chiuso il processo per la morte del 21enne. “La paura più grande, che non ci dà pace, è quella di farci la galera per un fatto mediatico, non perché colpevoli”, ha scritto Marco Bianchi. “Prima o poi la verità uscirà fuori e spero sia dimostrata l'innocenza mia e di mio fratello. Si sono inventati di tutto su di noi e mi spiace, ma noi i problemi in carcere non li abbiamo mai avuti – aggiunge –. C'è chi ha la coscienza sporca. E non siamo io e mio fratello".

Oltre alla disgrazia, c'è anche la beffa che il colpevole non si è preso le proprie responsabilità. Ancora con il sangue sulle scarpe, se ne sta tranquillo in casa sua", scrive riferendosi a Belleggia, che però oggi è stato condannato per omicidio volontario, aggravato dalla crudeltà e dai futili motivi. “Spero sia dimostrata l'innocenza mia e di mio fratello, perché possa ritornare lui dalla sua famiglia e io crearmene una. Confido nella giustizia”.

“Lo sport non ci ha insegnato ad essere assassini”

"Signora mia, se fossimo noi i veri responsabili di tutto questo, le avrei dato subito la soddisfazione che stavamo pagando la giusta pena”, continua Marco Bianchi nella missiva indirizzata alla mamma di Willy, che oggi ha pianto di commozione dopo la lettura della sentenza. “ Parlo per me, ma anche per mio fratello, che è in carcere senza aver toccato Willy con un dito. Io la verità l'ho detta subito, a suo figlio ha dato una spinta e un calcio per allontanarlo dal mio amico Omar (Shabani, sentito in aula come testimone, ndr), ma l'ho colpito al fianco, vero è che non ha nemmeno fatto in tempo a cadere che si è subito rialzato”, aggiunge.

I fratelli Bianchi durante un allenamento di Mma
I fratelli Bianchi durante un allenamento di Mma

“Non mi sarei mai permesso di infierire – scrive – con le responsabilità che derivano dallo sport che, sia io che mio fratello, praticavamo. A noi la Mma ha insegnato ad essere uomini, ad avere il controllo di noi stessi e ad essere sempre lucidi nelle azioni che commettiamo. Lo sport non ci ha insegnato certo ad essere assassini, al contrario ad essere responsabili, ad avere il pieno controllo della nostra forza". In 25 anni di vita abbiamo sempre avuto le idee chiare. Non ci siamo mai drogati, siamo stati sempre lucidi per non commettere sciocchezze, per non rovinarci la vita. Spero al più presto che scoprirà la verità – continua nella lettera – per poter avere la meritata soddisfazione di poter dire a suo figlio di averlo difeso, di aver assicurato i responsabili della sua morte alla giustizia. Ma non siamo noi. Non siamo quei ragazzi che le stanno facendo credere, siamo semplici ragazzi di famiglia e di cuore, che se sbagliano si assumono le proprie responsabilità”.

La zia di Willy Monteiro in lacrime dopo la sentenza
La zia di Willy Monteiro in lacrime dopo la sentenza

“Dolore e odio anche negli occhi di mia madre”

"Signora mia – scrive Bianchi rivolgendosi alla madre di Willy– ogni volta che ho la possibilità di guardarla, vedo il dolore e l'odio che può provare per chi le ha portato via suo figlio. È lo stesso sentimento che leggo negli occhi di mia madre, che è morta dentro e prova rancore per il vero colpevole, il bugiardo che ha rinchiuso i suoi figli in carcere al suo posto, per un crimine che non hanno commesso. Signora, io la guarderei come guardo mia madre".

E ancora: "Se io e mio fratello fossimo gli artefici della morte di suo figlio, mai ci saremmo permessi di sostenere il suo sguardo come abbiamo fatto durante il processo, di guardarla come se guardassimo nostra madre. Non ci saremo mai permessi di negare le nostre responsabilità per tornare liberi: io, personalmente, mi sarei sentito sporco e infame", conclude Marco Bianchi nella lunga lettera, scritta probabilmente su consiglio del suo avvocato prima della sentenza di oggi.