Damiano dei Maneskin e Giorgia alla Camera per la legge sulla vulvodinia

Il frontman con la compagna Giorgia Soleri alla presentazione della proposta alla Camera dei deputati: "Sono qui in veste di alleato, spero che la politica faccia il suo lavoro"

Roma, 3 maggio 2022 -  C'è anche Damiano, il cantante dei Maneskin, in piazza davanti a Montecitorio accanto alla sua fidanzata Giorgia Soleri per un flash-mob per il riconoscimento della vulvodinia. "Sono qui come alleato. Quello che posso fare è cercare di aiutare con la mia visibilità, ma il grande lavoro lo stanno facendo le donne del comitato. Non ci resta che sperare nella politica: che faccia il suo lavoro e che lo faccia al meglio", ha detto Damiano oggi 3 maggio al termine della conferenza stampa alla Camera di presentazione della proposta di legge per il riconoscimento di vulvodinia e neuropatia del pudendo nei Livelli essenziali di assistenza del Sistema sanitario nazionale. "Non sono qui solo per Giorgia, ma per tutte le persone che fanno parte del comitato e che soffrono. Adesso, si può solo sperare per il meglio, spero che l'attenzione sia sulle cose giuste", ha concluso il cantante. 

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La proposta per il riconoscimento di queste patologie è stata depositata alla Camera e al Senato: è nata raccogliendo le istanze della società civile e delle attiviste e ha ottenuto l'appoggio di gran parte dei gruppi parlamentari intervenuti oggi in conferenza stampa ala Camera: Partito Democratico, Movimento 5 Stelle, Forza Italia, Italia Viva, Lega Nord, Coraggio Italia, +Europa. "Abbiamo iniziato la nostra campagna dichiarando che le nostre patologie erano un 'dolore senza vocè. Quello di oggi è un risultato straordinario", dice Silvia Carabelli del Comitato vulvodinia e neuropatia del pudendo. 

La prima volta "che ho parlato in terapia del mio dolore è stato solo quando ho avuto finalmente una diagnosi", racconta Giorgia Soleri, l'influencer che soffre da tempo di vulvodinia, come da lei stessa raccontato sui social. La vulvodinia e la neuropatia del pubendo colpiscono una donna su sette, ma non sono una malattia rara. "Non avere una diagnosi non permette di dare un nome al proprio dolore. Ho iniziato a soffrire a 16 anni e mi ci sono voluti 8 anni per avere un nome per quel dolore: quello che oggi mi auguro è che le prossime Giorgia adolescenti non debbano aspettare così tanto senza una terapia", conclude.