Mercoledì 24 Aprile 2024

Cranio Randagio, la sentenza sulla morte del rapper romano: condannati i due amici

Il 22enne Vittorio Bos Andrei sarebbe stato stroncato a un mix di droghe. Due anni e mezzo per favoreggiamento ai due amici, assolto il pusher che ha rifornito la festa alla Balduina

Vittorio Bos Andrei, in arte Cranio Randagio

Vittorio Bos Andrei, in arte Cranio Randagio

Roma, 7 luglio 2022 – Morte di Cranio Randagio, oggi la sentenza del processo per la morte del rapper romano. Condannati a 2 anni e mezzo i due amici Pierfrancesco Bonolis e Jaime Garcia De Vincentiis, scagionato il pusher Francesco Manente. Sarebbe stato un mix di droghe a stroncare Vittorio Bos Andrei, conosciuto come Cranio Randagio, ritrovato senza vita il 12 novembre 2016 dopo una festa in un appartamento di via Anneo Lucano, nella quartiere romano della Balduina. Aveva solo 22 anni. Lacrime e abbracci in aula fra parenti e amici del rapper deceduto.

''La soddisfazione in questi casi non esiste, quello che desideravo da questo processo è che ci fosse una condivisione delle responsabilità, che non era mai emersa. Il fatto che il giudice in qualche modo abbia sottolineato con una pena la responsabilità è importante''. Queste le parole della madre del rapper Vittorio Bos Andrei prima di lasciare piazzale Clodio dopo la sentenza del tribunale monocratico.

La sentenza

I due amici del rapper, Pierfrancesco Bonolis e Jaime Garcia De Vincentiis, sono stati condannati per favoreggiamento perché, secondo l'accusa, avrebbero mentito per coprire l'amico. Per loro il pm aveva chiesto una condanna a 3 anni. Il giudice ha rimandato gli atti al pm per svolgere ulteriori approfondimenti.

Francesco Manente è stato invece accusato di essere il fornitore della droga usata durante il festino della Balduina, per questo chiamato a rispondere di detenzione di droga: la morte è stata una conseguenza di un altro delitto, quello di spaccio.

La madre: “Vittorio ha sbagliato, ma gli amici dov’erano?”

La droga ha stroncato la vita del giovane rapper, la famiglia non si dà pace. “Io vado nelle scuole a parlare ai giovani su questi temi. Mio figlio non ha avuto questa possibilità, Vittorio ha sbagliato ed è morto, con la droga o ci muori o stai anni in tribunale, o diventi un cretino'', sottolinea Carlotta, la mamma. ''Mi rimane sullo stomaco pensare al momento in cui Vittorio stava rantolando, russando, e la gente non se ne è accorta, e non se ne è accorta non perché era cattiva, ma probabilmente perché era strafatta, ed è grave che uno si ponga in una condizione da non capire se un amico sta morendo''.

''Ai due ragazzi condannati mi sento di dire che non si cresce così e, soprattutto, dopo che un tuo amico è morto così, bastava che il giorno venissero da me e dicessero, 'abbiamo fatto una cavolata, eravamo tutti pieni di roba', ma questo non c'è stato, ci sono stati invece cinque anni qui in tribunale'', ha concluso la donna.