Caso Cucchi, odissea giudiziaria: tutte le tappe della vicenda che ha sconvolto l'Italia

Stefano Cucchi muore a 31 anni dopo l'arresto per droga, diversi i filoni di inchiesta hanno scandito le tappe di una vicenda che ha letteralmente diviso l'Italia

Stefano e Ilaria Cucchi

Stefano e Ilaria Cucchi

Roma, 4 aprile 2022 – Quella di oggi sarà l’ultima tappa del caso Cucchi, una vicenda giudiziaria che ha tenuto l’Italia con il fiato sospeso per quasi 13 anni. E l’ha divisa tra i sostenitori e i detrattori di Stefano Cucchi, il geometra 31enne deceduto all'ospedale Sandro Pertini il 22 ottobre 2009, sei giorni dopo essere stato arrestato per droga dai carabinieri che lo sottoposero a pestaggio nella caserma Casilina.

Una violenza inaudita quella che il procuratore generale della Cassazione, Tomaso Epidendio, oggi ha definito “una via crucis notturna durante la requisitoria in aula, e che provoco a Stefano gravissime lesioni, risultate poi fatali. Il sostituto pg della Suprema Corte ha chiesto di confermare le condanne a 13 anni di reclusione, per omicidio preterintenzionale, dei carabinieri Alessio Di Bernardo e Raffaele D'Alessandro, accusati di aver picchiato Cucchi la sera del 15 ottobre 2009. Una "severa punizione corporale, di straordinaria gravita'" che, secondo il rappresentante della pubblica accusa, i due militari dell'Arma inflissero a Cucchi "per il suo comportamento strafottente".

Ecco le tappe della vicenda

È stata la tenacia della sorella di Stefano, Ilaria Cucchi, a scandire le tappe di una vicenda difficile, che oggi sta per arrivare a sentenza definitiva. Tutto è iniziato il 15 ottobre 2009, quando l’allora 31enne Stefano Cucchi viene fermato dai carabinieri con l'accusa di detenzione di stupefacenti. Il 22 ottobre, Cucchi muore all'ospedale Sandro Pertini. Subito la procura di Roma – prima con il pm Vincenzo Barba e poi anche con la pm Maria Francesca Loy – apre un'inchiesta e mette sotto accusa tre agenti di polizia penitenziaria che accompagnarono il ragazzo in tribunale per l'udienza di convalida dell'arresto.

Il 25 gennaio 2011, il giudice per le udienze preliminari Rosalba Liso rinvia a giudizio 12 persone: gli agenti penitenziari Nicola Minichini, Corrado Santantonio e Antonio Domenici per lesioni personali, e poi cinque medici dell'ospedale Sandro Pertini (il primario Aldo Fierro e poi Stefania Corbi, Flaminia Bruno, Luigi Preite De Marchis e Silvia Di Carlo) e tre infermieri (Giuseppe Flauto, Elvira Martelli e Domenico Pepe) per abbandono di persona incapace. A giudizio finisce anche il medico Rosita Caponetti per abuso d'ufficio e falso.

Le prime sentenze

Il gup infligge, con rito abbreviato, 2 anni di reclusione a Claudio Marchiandi, il funzionario dell'ufficio dei detenuti e del trattamento del Provveditorato regionale dell'amministrazione penitenziaria (Prap) che rispondeva di abuso d'ufficio, falso e favoreggiamento. Marchiandi avrebbe abusato delle proprie funzioni di pubblico ufficiale, violando il protocollo tra Asl e Prap per imporre il ricovero di Cucchi al Pertini e presentandosi spontaneamente al nosocomio di sabato pomeriggio, fuori dal turno di lavoro, per consentire l'ingresso del detenuto in un reparto in cui Stefano, alle prese con patologie non stabilizzate, non doveva assolutamente entrare. Il 30 aprile 2012, assoluzione in appello per Marchiandi “perché il fatto non sussiste”. Il 5 giugno 2013, la terza Corte d'Assise assolve i poliziotti penitenziari accusati del pestaggio e tre infermieri del Pertini. Vengono inflitte pene comprese fra gli 8 mesi e i 2 anni di reclusione ai sei medici del Pertini. Il 20 gennaio 2014, la quinta Sezione penale della Cassazione annulla l'assoluzione di Marchiandi, per vizi nella motivazione, e ordina un nuovo processo d'Appello. Il 31 ottobre 2014, assoluzione per tutti gli imputati, medici compresi, nel giudizio di Appello.

Nuovi accertamenti, l’inchiesta riparte da zero

Dopo le assoluzioni degli imputati, la pressione mediatica cresce e si aprono nuove indagini. Il 12 gennaio 2015, la Corte d'Assise d'appello deposita i motivi della sentenza e ordina la trasmissione degli atti al pm per nuovi accertamenti sull'operato di alcuni carabinieri e sul pestaggio subito da Cucchi. Dopo pochi mesi, il 20 giugno, l’inchiesta riparte da zero. Il fascicolo sulla morte di Cucchi è affidato al pm Giovanni Musarò. Il 15 dicembre, la Cassazione conferma l'assoluzione degli agenti della polizia penitenziaria, infermieri e di Rosita Caponetti, la prima dei medici che visitò Cucchi al Pertini. Ma ordina un nuovo processo d'appello per gli altri sanitari.

Il 30 maggio 2016: nell'appello bis nuova assoluzione, “perché il fatto non sussiste”, per il funzionario del Prap Marchiandi. Il 18 luglio, la terza corte d'assise di appello assolve anche i cinque medici del Pertini.

L’incidente probatorio: “Nessun nesso tra il pestaggio e il decesso”

Il 4 ottobre 2016, viene organizzato l’incidente probatorio sulle cause della morte di Cucchi: il pool di periti nominato dal gip esclude un nesso tra il violento pestaggio e il decesso. La causa, "dotata di maggiore forza e attendibilità", è ritenuta un improvviso attacco di epilessia.

Il 17 gennaio 2017, la procura di Roma chiude l'inchiesta bis contestando il reato di omicidio preterintenzionale a tre carabinieri (Alessio Di Bernardo, Raffaele D'Alessandro e Francesco Tedesco) e negando che la causa della morte sia l'epilessia. Accuse di falso per Tedesco e il comandante della stazione Appia, Roberto Mandolini, e calunnia ai danni della polizia penitenziaria per Tedesco, Mandolini e Vincenzo Nicolardi sono gli altri reati contestati. Il 4 luglio 2017: diventa definitiva l'assoluzione del funzionario del Prap, Claudio Marchiandi, grazie alla prima sezione penale della Cassazione.

Rinvio a giudizio, arriva la svolta

Otto anni dopo la morte di Stefano, finalmente le indagini fanno luce su nuovi aspetti e si arriva ad un nuovo rinvio a giudizio. È il 10 luglio 2017: il gup Cinzia Parasporo rimanda alla Corte d'Assise i cinque carabinieri. Quindici mesi dopo, era il 29 ottobre 2018, entra nel vivo il terzo processo di secondo grado ai medici del Pertini dopo un secondo annullamento dell'assoluzione da parte della Cassazione: sul banco degli imputati, anche se l'accusa di omicidio colposo è ormai prescritta, continuano a figurare il primario Aldo Fierro e i medici Stefania Corbi, Flaminia Bruno, Luigi De Marchis Preite e Silvia Di Carlo che ebbero in cura Cucchi.

Nuovo filone di inchiesta sui depistaggi

Il 19 marzo 2019 chiude l'inchiesta nei confronti di otto militari dell'Arma per i falsi e i depistaggi compiuti tra il 2009 e il 2015. La svolta arriva con il racconto di un carabiniere, per il quale il pg ha chiesto di fatto un alleggerimento della pena con un processo bis “limitatamente al trattamento sanzionatorio''. Era l’8 aprile 2019, quando l'imputato Francesco Tedesco racconta in aula le fasi del pestaggio di Cucchi e indica quali autori materiali gli altri due colleghi co-imputati di omicidio preterintenzionale. Quello stesso giorno, il quotidiano ‘La Repubblica’ rende nota una lettera del generale Giovanni Nistri, comandante generale dei carabinieri, che manifesta vicinanza alla famiglia Cucchi e annuncia la costituzione di parte civile dell'Arma contro gli autori dei depistaggi.

Finito il contro esame, Tedesco, prima di lasciare l'aula dell'assise, stringe la mano a Ilaria Cucchi, sorella della vittima, e le dice “mi dispiace”. Succedeva il 16 aprile 2019. Il giorno successivo, la procura chiede il processo per otto carabinieri, tra alti ufficiali e non, falsi e i depistaggi.

Il 6 maggio 2019, il sostituto pg Mario Remus chiede alla seconda corte d'assise d'appello di Roma il “non doversi procedere” per prescrizione del reato di omicidio colposo per i cinque sanitari del Pertini. Il 16 luglio 2019, il gup Antonella Minunni rinvia a giudizio gli otto militari dell'Arma per i depistaggi e fissa al 12 novembre l'inizio del dibattimento davanti al tribunale monocratico. Il 3 ottobre 2019, al processo bis in assise, il pm Musarò chiede cinque condanne, tra cui due a 18 anni di reclusione per i militari che rispondono di omicidio preterintenzionale.

Condannati i carabinieri

Condannati a 12 anni di reclusione i carabinieri Alessio Di Bernardo e Raffaele D'Alessandro per omicidio preterintenzionale. Assolto da questo reato il militare Francesco Tedesco, al quale sono inflitti due anni e mezzo per falso. Per falso condannato a 3 anni e 8 mesi anche il maresciallo Roberto Mandolini. Era il 14 novembre 2019. Prescrizione, in corte d'assise d'appello, invece, per tutti i medici del Pertini, il primario del Reparto di medicina protetta Aldo Fierro, Flaminia Bruno, Luigi De Marchis Preite e Silvia Di Carlo ad eccezione di Stefania Corbi, assolta per non aver commesso il fatto.

Il 7 maggio 2021, la corte d'assise d'appello di Roma condanna a 13 anni di reclusione i carabinieri Di Bernardo e D'Alessandro per omicidio preterintenzionale. Quattro anni di carcere a Mandolini. Confermati, sempre per falso, i due anni e mezzo a Tedesco. Si arriva quindi al 23 dicembre 2021: il pm Musarò chiede la condanna degli 8 carabinieri nel processo sui presunti depistaggi. La pena più alta (7 anni) viene avanzata nei confronti del generale Alessandro Casarsa, all'epoca dei fatti comandante del Gruppo Roma.

Cinque anni e mezzo sono chiesti per Francesco Cavallo all'epoca dei fatti capo ufficio del comando del Gruppo carabinieri Roma, 5 anni per il maggiore Luciano Soligo, ex comandante della compagnia Talenti Montesacro. Stessa pena per il carabiniere Luca De Ciani, 4 anni per Tiziano Testarmata, ex comandante della quarta sezione del nucleo investigativo. Per Francesco Di Sano chiesti 3 anni e 3 mesi, 3 anni per Lorenzo Sabatino, già comandante del reparto operativo, un anno e un mese per Massimiliano Labriola Colombo, ex comandante della uestazione di Tor Sapienza.