Roma, 28 giugno 2014 - Sottosegretario Delrio, l’accordo di Bruxelles apre al "miglior uso della flessibilità": come si traduce in Italia?
"Lo si traduce con il fatto che quando un paese come l’Italia ha un avanzo primario e un deficit strutturale secondo solo a quello della Germania e quando è riuscito a fare riforme profonde, possa pagare il proprio debito in un lasso di tempo più lungo tenendosi parte delle risorse per stimolare la crescita".

La cancelliera Merkel dice che il problema dell’Italia non è il deficit ma il debito.
"Il problema è la curva del rientro dal debito. Se chiedi un rientro accelerato, metti a disposizione meno risorse. L’Italia ha fatto la sua parte per la revisione della spesa, può migliorare ma ha diritto di spendere i soldi che ha risparmiato. Ha diritto di utilizzare a pieno i fondi europei e non di esserne limitata".

Che cosa stabiliscono oggi le regole Ue?
"Dicono ad esempio che la spesa per cofinanziare va conteggiata nel patto di stabilità. Escludere dal patto quei fondi o comunque avere un plafond da escludere, rappresenterebbe lo strumento con cui costruire l’avanzo primario".

E’ uno dei punti decisi nel vertice a Bruxelles?
"Il via libera alla flessibilità è la grande vittoria. Poi vedremo il documento nei dettagli. Bisogna riconoscere che grazie alla presidenza italiana il lavoro del vertice non è stato impostato sui nomi ma su cosa fare per passare dalla stagione del rigore all’attuazione vera del patto di stabilità e crescita. Abbiamo vinto davvero una battaglia di sostanza".

Nell’accordo è scritto anche che non dobbiamo più conteggiare i cofinanziamenti nel patto?
"Adesso non è scritto questo, ma che la flessibilità esistente si ampia. Ora si tratta di liberare gli investimenti".

Se ne parla da tempo.
"Veniva invocato da anni da diversi grandi economisti. Prodi e Quadrio Curzio proposero i project bond e gli euro union bond, proposte ancora attuali che andavano nella direzione di ridurre il debito e dall’altro lato stimolare gli investimenti".

Sarà tutto scritto nel documento che l’Italia sottoporrà ai partner a fine estate?
"Oggi posso dire che è stato riconosciuto un elemento di maggiore flessibilità. E questo per l’Italia è una buona notizia. Le modalità su come si tradurrà concretamente, in quali settori e con quali spazi, sono da stabilire. Non è finita oggi".

Il semestre italiano è una chance per incidere sulle modalità?
"Certo. Si potrebbe ragionare anche se concedere ampi margini di flessibilità su altri argomenti, bisogna vedere come si articolerà l’accordo".

Ora a quali riforme non possiamo derogare?
"La riforma costituzionale del Titolo 5 è uno degli elementi che può dare maggiore competitività al paese. Poi non dobbiamo derogare dai nostri ritardi sulla riforma della giustizia civile. Ed è importante fare in modo che in Italia le opere non siano una chimera, che per portarle a compimento non ci vogliano 20 anni e il triplo dei costi di altri paesi...".

Tocca al governo.
"E’ quello che abbiamo chiamato lo Sblocca Italia".

Intanto Padoan e Schauble hanno scritto un patto che prevede le riforme della Pa e del lavoro..
"Riforme che do già per acquisite. La riforma del lavoro è avviata bene, fra decreto e disegno di legge delega. E’ una riforma epocale che può restituire al paese ammortizzatori stabili, l’indennità di disoccupazione, il contratto unico. La riforma della pubblica amministrazione appena licenziata fornisce elementi rilevanti nella direzione della semplificazione ed efficienza. E’ chiaro che i processi vanno seguiti e implementati. Uno sforzo riformatore come in questi 100 giorni non l’ha prodotto nessuno dagli anni 50".

Resta però una parte del Pd che critica se non ostacola Renzi.
"Ritengo che sia fisiologico nel momento in cui si accelera e si mette pressione. Ma parlare per 30 anni di cose che poi non realizzi è una sconfitta maggiore. E’ normale che ci sia qualche mal di pancia e si aprano discussioni per la compressione dei tempi. Ma noi vogliamo chiudere le partite aperte da 30 anni".

Anche il Senato?
"Questo paese aspettava di non votare per le province da 30 anni. E il monocameralismo lo propose Dossetti negli anni 50... Noi non vogliamo solo parlare, ma portare a casa le riforme".

L’apertura a Grillo però rischia di rallentare il processo di riforma della legge elettorale?
"No, noi siamo pronti a tutti i contribuiti. Il presidente ha fatto bene a dare esempio concreto di interesse personale al contributo dei 5 Stelle. Ma vale per tutti i partiti. La spinta riformatrice del governo non si può e non si deve interrompere. Far ripartire investimenti, uscire da un’austerità cieca, è una battaglia per i giovani e per l’occupazione. L’importante è non confondere la nostra fretta per arroganza".

Parliamo di numeri: quanto potrebbe muovere a livello finanziario la flessibilità?
"Una previsione sarebbe azzardata, non è possibile in questo momento. Ora è stato raggiunto un grande punto politico, la parte tecnica sarà approfondita nelle prossime settimane".

di Davide Nitrosi