È DA SEMPRE l’uomo della prima linea. Mokhtar Belmokhtar, al secolo Khaled Aboul Abbas, nome di battaglia il «Guercio», ha perso l’occhio sinistro nel 1991 in Afghanistan. A soli 19 anni aveva lasciato la natia Ghardaia, nell’Algeria centro-settentrionale per unirsi ai mujaheddin afgani. L’occupazione russa è finita 24 mesi prima. Khaled si segnala per il suo coraggio. Nel 1993 torna in patria. Nel 1991 sono state annullate, dopo il primo turno, le elezioni vinte dal Fronte islamico di salvezza di Abassi Madani. Nel 1993 il veterano si unisce al Gruppo islamico armato, il Gia, la compagine che firma molte stragi negli anni della guerra civile. Nel 1998 gli ex combattenti integralisti confluiscono nel Gruppo salafita per la predicazione e il combattimento. Khaled diventa uno dei capi militari. La sua passione per le armi è pari solo a quella per le Marlboro. L’Algeria lo condanna a morte in contumacia tre volte. Nel 2007 lo accusano di aver fatto uccidere quattro francesi in Mauritania. Nello stesso anno Al Qaeda per il Maghreb islamico assorbe i radicali salafiti. A Belmokhtar viene affidata la brigata più importante. Si chiama Mulathamin, ossia gli «uomini che portano il turbante».

MA L’EMIRO dell’Aqmi Abdelmalek Droukdel entra in collisione con il focoso Khaled. Dopo averlo richiamato all’ordine più di una volta, nomina comandante militare per tutto il Sahara Yaia Abu al-Hamam, 36 anni, molto conosciuto come infallibile tiratore scelto. Mokhtar Belmokhtar accusa il colpo e aderisce a un gruppo appena nato all’interno della galassia qaedista, il Movimento per l’unità della Jihad nell’Africa occidentale. La sua base di operazioni diventa Gao nel Mali del nord, l’Azawad.

DOPO LA RISOLUZIONE 2085 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che ha acceso il semaforo verde all’intervento militare nel Mali settentrionale, Belmokhtar riemerge in un video. A nome di «coloro che firmano con il sangue» declina una secca promessa di sangue: «Risponderemo con tutte le nostre forze a chi parteciperà o pianificherà un’aggressione contro il diritto dei nostri popoli di appplicare la sharia (la legge coranica, ndr). Vi promettiano di venire nel cuore delle vostre case. Così potrete assaporare il gusto amaro della ferita a casa vostra e colpiremo i vostri interessi».
Gli «uomini che firmano con il sangue» hanno rivendicato la cattura degli ostaggi che lavoravano nell’impianto di estrazione del gas a Tiguentourine, il sequestro finito nel sangue.