Gilberto Dondi
BOLOGNA
HA DENUNCIATO

i colleghi d’ufficio fannulloni e, come ‘premio’, è stato emarginato, minacciato, insultato e messo pure sotto procedimento disciplinare. È la storia (all’italiana) di Ciro Rinaldi, 49 anni, originario di Napoli ma residente a Bologna, ex delegato sindacale della Fp-Cgil, che ieri ha deciso di metterci la faccia convocando i giornalisti in vista dell’udienza preliminare del 24 maggio che vede imputati di truffa ai danni dello Stato 29 dipendenti del Dipartimento comunicazioni-Ispettorato territoriale dell’Emilia Romagna, succursale bolognese del ministero dello Sviluppo economico. «Da quando ho fatto denuncia sono stato lasciato solo e ho subito angherie di ogni genere», dice Rinaldi con amarezza.
I fatti risalgono al 2009, quando Rinaldi, informato da due impiegate, segnala la situazione ai superiori. Tutto inutile, anzi a suo carico viene aperto il primo procedimento disciplinare (poi archiviato). Lui non desiste e alla fine decide di rivolgersi alla Guardia di finanza e al pm Antonella Scandellari, che piazzano una telecamera di fronte all’ingresso del Dipartimento, in centro a Bologna. Le immagini sono impietose: in orario d’ufficio gli impiegati escono per fare la spesa, sbrigare commissioni o andare in palestra. In 33 finiscono indagati e, chiuse le indagini, il pm chiede il rinvio a giudizio per 29 (uno nel frattempo è morto, tre archiviati). Fra loro, anche 4 capi-settore.

INTANTO


per Rinaldi la vita in ufficio diventa impossibile: «Il clima è diventato ostile — racconta —. Insulti, minacce, lettere e volantini contro di me. Quanto al lavoro, io faccio da solo l’ispettore per tutta l’Emilia, mentre per la Romagna sono in tre...». In una missiva una collega scrive che a Rinaldi penserà «la giustizia divina» e conclude così: «Non era più bello vivere in pace?». Lo stesso trattamento viene riservato ai tre dipendenti (di cui due donne) che hanno testimoniato contro i fannulloni. Una, demansionata, ha chiesto invano il trasferimento per mesi e solo l’intervento di Roma ha sbloccato la situazione.

NESSUNO

dei 29 è stato trasferito, anzi qualcuno è stato promosso. Solo dopo le richieste di rinvio a giudizio sono stati aperti i procedimenti disciplinari, subito sospesi. «Lo prevede la legge», dice il direttore del Dipartimento Marco Cevenini (mai indagato). Per pochi giorni i fatti non rientrano nella riforma Brunetta del 2009, che avrebbe consentito di procedere subito. A Rinaldi, invece, l’ennesimo procedimento disciplinare (avviato dopo la segnalazione di un capo-settore indagato), è finito con un giorno di sospensione. Il suo legale, Mario Marcuz, ha presentato ricorso e valuta una causa per mobbing. Rinaldi, che non ha ricevuto sostegno nemmeno dalla Cgil locale, fa appello al ministero: «Si costituisca parte civile».