ROMA, 6 noevmrbe 2010 - E ADESSO l’attende l’India. Lì, presso una struttura sanitaria gestita da italiani, Guido Bertolaso cercherà una pausa dopo nove anni vissuti costantemente in prima pagina dalla tolda della Protezione civile. E’ stato un lungo regno il suo, nel quale ha plasmato il Dipartimento a sua immagine, accentrandovi la gestione di tutto quel che era o poteva diventare un’emergenza: dai terremoti, alle alluvioni, dalle bonifiche alle discariche, ai mondiali di ciclismo, al G8. Già, il G8. E’ stato per colpa del G8 alla Maddalena che in un 2010 periglioso gli schizzi di fango delle inchieste l’hanno raggiunto e convinto a fare quel che già l’anno prima aveva ventilato: andare in pensione. «Non so se sono stato utile, so che ho lavorato parecchio. E ora — dice mister Emergenza — finalmente potrò spegnere i telefoni e andarmene in vacanza».

A 60 ANNI
Guido Bertolaso, il tecnico perennemente in felpa che dal 2008 era diventato sottosegretario, se ne va «come sono arrivato: in punta di piedi», dice ai suoi collaboratori. Ultimo giorno di lavoro mercoledì 11. E chissà se in pensione saprà rimanerci. Silvio Berlusconi nel comunicarne le dimissioni che sono state salutate da un lungo applauso del consiglio dei ministri ha aggiunto: «E’ una perdita grave, speriamo di trovare una forma di collaborazione che ci consenta di utilizzare la sua capacità». Di sicuro, fa sapere lui, non sarà nel campo della Protezione civile.
Figlio di Giorgio, generale dell’Aeronautica che fu il primo collaudatore del cacciabombardiere l’F104, Bertolaso si laureò in medicina e specializzò in malattie tropicali a Liverpool e — era il 1977 — partì per l’Africa. Nel 1980 lo spedirono in Thailandia, in un ospedale della cooperazione italiana per profughi cambogiani e lì seppe farsi valere anche e soprattutto come organizzatore. Due anni dopo lo riportarono alla Farnesina. A Roma strinse una sodalizio prezioso con Giulio Andreotti, allora ministro degli Esteri, che nel 1990 se lo portò a Palazzo Chigi come direttore generale. Da lì, forte di buoni rapporti con il Vaticano e di amicizie bypartisan, è stata una cavalcata.

Nel 1996 lo chiamò Rutelli per aprire l’ospedale Spallanzani, poi fu la volta di una prima esperienza alla Protezione civile chiamato da Romano Prodi. Nel 2000 è arrivato il Giubileo. Un grande successo. Il 7 febbraio 2001 Giuliano Amato lo porta alla guida della Protezione civile vera e propria e il 7 settembre 2001 Silvio Berlusconi lo confermerà, avviando un sodalizio a prova di bomba. Quattro giorni dopo fu l’11 settembre e da allora, passando per lo tsunami del 2005 e la tragedia dell’Aquila dell’aprile 2009 non ha smesso un attimo di saltare da un elicottero a un altro, prendendosi tutte le necessarie responsabilità e forse anche qualcuna in più.

«FORSE ho sbagliato a fidarmi troppo» disse dopo l’avviso di garanzia del 10 febbraio 2010, ma ha ribadito la correttezza del suo operato «so di aver subito una grave ingiustizia, ma confido ancorta molto nella magistratura» e smentito tenacemente sia il presunto massaggio a luci rosse al Salaria Sport Village che l’affitto pagato dall’architetto Zampolini — accusato di aver riciclato fondi del costruttore Anemone — per un immobile a via Giulia. «Quella casa — disse — l’ebbi grazie al cardinale Sepe, e pagai personalmente l’affitto». Troppo in vista e troppo decisionista per non suscitare invidie è stato un protagonista. E tutto lascia credere che sentiremo ancora parlare di lui.