dall’inviato ALESSANDRO FARRUGGIA
— ORVIETO —

UN SILURO alla candidatura di Bersani. Uno ai terzopolisti. E una vigorosa spruzzata di antiberlusconismo a far da collante e ad allontanare l’accusa di aver terremotato il partito. Veltroni giunge al convegno di Libertà Uguale di Orvieto forte delle 75 firme di parlamentari al documento stilato con i popolari di Beppe Fioroni e l’ex rutelliano Paolo Gentiloni.
Sono meno della metà della minoranza dei parlamentari Pd, ma sono pur sempre una massa di manovra. Eppoi Walter Veltroni è convinto di essere minoranza nel partito ma maggioranza nel popolo delle primarie e tra gli elettori
democrat. E quindi se la gioca. Primo obiettivo salvare il bipolarismo («un solo errore sarebbe devastante, gettare a mare il bipolarismo»), secondo fare come minimo il king maker. E naturalmente, su tutto, recuperare un suo ruolo.
A chi nel Pd l’ha accusato di spaccare il partito , Veltroni replica da Orvieto che «non c’è contraddizione tra discussione e unità perché — ardito ossimoro — è possibile discutere e restare uniti. Il Pd può discutere ma resterà sempre unito, soprattutto nel contrasto della politica di Berlusconi».
Già, Berlusconi. Dalla base hanno tempestato Veltroni e suoi di mail e telefonate con l’accusa di fare un regalo al premier riaprendo proprio ora i giochi nel Pd, Walter replica lanciando una iniziativa pubblica «con il segretario del partito e attorno a lui tutti i leader del Pd contro l’allucinante compravendita di deputati e senatori da parte di Berlusconi» e «contro il conflitto di interessi del premier che è ministro delle comunicazioni e proprietario di Mediaset».




A FIANCO di Veltroni scende anche uno dei papà dell’Ulivo, quell’Arturo Parisi che pur premettendo di non condividere l’impianto del documento dei 75 sottolinea che «se c’è errore è che è stato fatto troppo tardi», dice che «il ‘taci il nemico ti ascolta’ è prerogativa delle dittature» e ribadisce l’invito al Pd a rompere gli indugi «dopo 46 giorni da spettatore» e a presentare una mozione di sfiducia alle camere contro il governo Berlusconi. Un modo per chiarire chi sta con chi, ricacciare Fini nello schieramento di centrodestra, metter in difficoltà Casini. E del resto qualcosa va fatto. «Verità e chiarezza — osserva Arturo Parisi — mi impongono di dire che il nostro progetto è a rischio. Le tensioni e le frammentazioni nel centrodestra rischiano di produrre lo stesso fenomeno da noi. Per questo il documento promosso da Veltroni è positivo: perché è un contributo al confronto senza il quale non è possibile una ripartenza».
«Quella di Arturo è una ottima idea» chiosa Walter. Ed è ancora come dire che la segreteria si dovrebbe dare una mossa. Perché il messaggio sia più chiaro ci pensa Sergio Chiamparino ad osservare come «sarebbe bene, sarebbe opera di buonsenso congelare la norma che prevede che sia il segretario il nostro candidato».



PECCATO che quella norma Veltroni, quando era segretario, l’abbia fortissimamente voluta. Ma ora che segretario non è più, picconarla è un passo sulla lunga e accidentata strada verso la ridiscesa in campo. O la ricerca di un candidato esterno al Pd. Beppe Fioroni, uno degli azionisti di maggioranza della corrente veltroniana rincara la dose. «Siamo sicuri che lo statuto dica proprio questo? Le primarie sono di coalizione e tutti le vogliono. Allora secondo me prima si fa il progetto programmatico, poi l’alleanza e a quel punto si decide il candidato». Di coalizione, magari un papa straniero nella cui elezione i veltroniani voglion dire la loro.