Martedì 23 Aprile 2024

Zingaretti vuole cambiare nome al Pd. Ma si gioca tutto alle regionali

Proposto un nuovo congresso. Le perplessità interne costringono il leader dem alla retromarcia. Franceschini, Guerini e Martina non gradiscono. Tutto dipenderà dalle elezioni del 26 gennaio

Nicola Zingaretti (Imagoeconomica)

Nicola Zingaretti (Imagoeconomica)

Roma, 11 gennaio 2020 - "Vinciamo in Emilia-Romagna, poi facciamo un nuovo congresso, apriamo il partito a sardine, società civile, ecologisti e allora possiamo cambiare tutto, anche il nome". Il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, rilascia un’intervista che fa rumore, tra i democratici ma anche fuori. In giornata, però, arrivano le precisazioni. "Nessuna intenzione di fagocitare o mettere il cappello sulle sardine", la prima. "Non è detto che cambieremo il nome e il simbolo del Pd, vedremo", la seconda. 

Quello che non cambia è la premessa: l’obbligo di vincere le Regionali in Emilia-Romagna, dove non solo Bonaccini, ma anche Zingaretti (e, di conseguenza, il governo) si giocano tutto. Se le cose andranno bene, si andrà nella direzione indicata dal segretario: verifica di governo, nuova agenda e nuovo programma per l’esecutivo, tentativo di assorbire i 5Stelle, o la loro parte che vuol dare vita a un’alleanza di centrosinistra, nell’orbita dem (i ‘contiani’ sia dentro che fuori l’M5s), congresso rifondativo del Pd che attragga da un lato il pezzo di LeU più vicino (Articolo 1 di D’Alema e Bersani) e, dall’altro, le sardine, offrendo loro candidature di peso. In quel caso, con la vittoria in Emilia-Romagna incassata, Zingaretti non avrebbe avversari interni e il congresso – al netto di qualche candidatura di bandiera (l’area Orfini) – sarebbe poco più di un congresso tematico, cioè fatto per ‘tesi’. Poi, quando, prima o poi, si rivoterà, il modo (e le alleanze) per arginare Salvini e il centrodestra si troveranno, ma intanto il Pd sarà diventato "un partito nuovo" e più robusto.

Se, invece, l’Emilia-Romagna andasse persa, si aprirebbe una crisi di governo di non facile soluzione e, di certo, al congresso anticipato si presenterebbero dei nomi alternativi al segretario. Di certo un campione di area ex renziana (si parla del sindaco di Bergamo Giorgio Gori) o il sindaco di Milano, Beppe Sala, uno di area Orfini e forse pure uno di Franceschini.

Insomma, il tana liberi tutti, dentro il Pd, con conseguenze non ancora prevedibili. Per ora, in agenda, c’è il seminario interno di domani e martedì, nel reatino. Certo è che, ieri, dalla mattina all’insegna del "sciogliamo il Pd e facciamo un nuovo partito", la giornata ha portato consiglio perché sono di più i guardinghi e i preoccupati (l’area di Guerini, ma Franceschini e Martina) da cambiamenti troppo radicali che gli entusiasti (Morassut). Zingaretti non scioglie il nodo e nega di voler asciugare le Sardine (quotate all’8-10%). Il futuro del Pd (e del governo) si decide dopo il 26 gennaio.