Venerdì 19 Aprile 2024

Voucher, Centinaio: "Da reintrodurre in agricoltura e turismo"

Il leghista, ministro delle Politiche agricole con delega al turismo, in pressing sul decreto dignità: "In Parlamento renderemo le norme più efficienti"

Gian Marco Centinaio, ministro delle Politiche Agricole (Ansa)

Gian Marco Centinaio, ministro delle Politiche Agricole (Ansa)

Roma, 5 luglio 2018 - La mission di Gian Marco Centinaio, ministro delle Politiche agricole con delega al turismo, è lo sviluppo del made in Italy in tutte le sue forme e pur di riuscirci non esita a andare controcorrente.

Ministro, lei si sta battendo a favore dei voucher. In agricoltura devono essere reintrodotti? «Assolutamente sì. Sono fondamentali. E tutte le associazioni di categoria sono d’accordo. Con Di Maio ne discuteremo ma ho già spiegato che a me non interessa falsare i dati sull’occupazione, facendo figurare tra gli occupati anche coloro che lavorano con i voucher. Non mi interessa dire che con i voucher in agricoltura avremmo 50mila occupati in più. Mi interessa garantire la produzione anche con lavori occasionali, purché legali, con contributi e tutele. Anche perché l’alternativa è il lavoro nero». 

Ma i sindacati protestano... «I sindacati non mi hanno affatto convinto sui voucher. Io vado avanti per la mia strada».

Non solo l’agricoltura utilizza il lavoro stagionale. I voucher andrebbero introdotti anche per il turismo? «Sì, anche nel turismo. Tantissimi operatori del settore si lamentano da quando Renzi e Gentiloni, li abolirono». 

Però in tanti se ne approfittano e truffano stato e lavoratori...  «Basterebbe una regola semplice per evitare le truffe: quando si acquistano i voucher dovrebbe essere indicato, oltre al nome del lavoratore, anche il giorno e l’orario di utilizzo. Le truffe cesserebbero immediatamente».

A proposito di flessibilità, non le sembra che il decreto Di Maio rischi di danneggiare le aziende? «Io parlo solo per le mie deleghe e posso dirvi che gli imprenditori del turismo si sono lamentati. Ma sono certo che nel passaggio in Parlamento si troveranno le soluzioni migliori per tutelare i precari e garantire la produttività rendendo il decreto più efficiente».

Ministro, anche sui dazi sta andando controcorrente. Non è pericoloso mettersi contro i leader della maggioranza? «Non c’è alcun pericolo, perché io, Salvini e Di Maio vogliamo tutti la stessa cosa: difendere la produzione italiana e i consumatori. Ovvero, evitare che prodotti di cattiva qualità e magari anche pericolosi arrivino sulle nostre tavole creando peraltro concorrenza sleale alle nostre aziende. Non c’è alcuna divisione. Si tratta solo di decidere qual è la strategia migliore per ottenere questo risultato. Io per esempio sono favorevole a maggiori controlli e contrario ai dazi e sono contento che anche Mattarella la pensi come me. Peraltro ne ho parlato con Salvini che ha capito benissimo cosa si rischia».

Che cosa si rischia? «Nel mondo c’è tanta voglia di mostrare i muscoli per dimostrare chi è più forte. È pericoloso. Provate a pensare cosa accadrebbe con la chiusura di Schengen per le merci e con una dura battaglia commerciale che finirebbe per penalizzare le nostre produzioni che hanno una forte propensione all’export. Dazi chiamano altri dazi. Sarebbe un disastro».

Come per le sanzioni alla Russia? «Solo nell’agroalimentare ci sono costate meno 25% di export in tre anni. Vogliamo proseguire su questa strada?».

Che cosa intende fare per rilanciare il turismo su cui ha appena ricevuto la delega?  «Partiremo dalla sede. Il turismo, che ora è un dipartimento, ne avrà una, probabilmente quella dell’Enit. Ma soprattutto agiremo sul marketing organizzando eventi in tutto il mondo utilizzando ambasciatori del made In Italy. Anche personaggi famosi molto apprezzati all’estero per quello che hanno fatto nella musica, nello sport, nella moda, nell’imprenditoria e in tutti i settori in cui il nostro Paese eccelle, che descrivano con orgoglio e entusiasmo la loro terra. C’è un’Italia da vedere, da mangiare e da bere al top della qualità nel mondo. Il turismo vale da solo il 12% del Pil. Se lo uniamo all’enogastronomia, può diventare il petrolio italiano».