Civati: il centrosinistra si è rotto. "Renzi non sfonda più, ora divide"

"Elettori disorientati, ma anche la minoranza Pd ha le sue colpe"

Pippo Civati (Ansa)

Pippo Civati (Ansa)

Roma, 16 giugno 2015 - CHI è il vero sconfitto alle comunali? La diagnosi di Pippo Civati, fuoriuscito dal Pd da un mesetto, è impietosa: «Il centrosinistra si è rotto».

Tutta colpa di Renzi?

«Molti votano il Pd perché c’è Renzi, molti altri non lo votano per lo stesso motivo. Da qui, nasce l’incertezza dell’elettorato».

E il famoso 40% delle Europee dov’è finito?

«Il premier ha perso la forza centripeta delle Europee, quando attraeva voti sia a destra sia a sinistra».

Ora, invece...

«Renzi, all’inizio, piaceva a Vendola e a Landini, poi ha virato al centro e si è sbilanciato a destra con la riforma del lavoro e della scuola, rompendo a sinistra. Tutto questo ha influito. E il premier più che unire, divide».

E così si è trovato a perdere Venezia.

«Se rompi molto, picchiando sulla minoranza, poi non è facile mettere insieme i due pezzi: centro e sinistra».

Renzi, infatti, pensava di conquistare voti a destra.

«Invece non ha sfondato, perdendo voti a sinistra».

Il candidato dem a Venezia, Felice Casson, non si può certo dire un renziano, eppure ha perso.

«Non è molto credibile un candidato considerato anti-Renzi che accetta Renzi e non invita Civati perché potrebbe acuire le tensioni... l’elettore se ne accorge, eh».

Una vicenda kafkiana.

«Sono le contraddizioni del centrosinistra».

L’effetto Renzi non funziona più?

«Arrivati a questo punto il centrosinistra sconta una rottura al proprio interno sia che si candidi un candidato renziano come nel feudo boschiano di Arezzo, sia che corra uno radicale come Casson a Venezia».

Quindi non è solo colpa del premier?

«Se stai in un partito si vince e si perde tutti insieme».

Anche la minoranza Pd qualche colpa ce l’ha?

«Se sei infastidito da Renzi, critichi le riforme, ma resti nel Pd, se perde Casson è anche un po’ colpa tua».

Beh anche sua, Civati, visto che Casson era un «civatiano».

«Casson è sempre stato... cassoniano, in verità. Non ha voluto nessuno in campagna elettorale. Certo, è una personalità molto forte, più vicina a me che a Renzi. Alle primarie non lo sostenevano nemmeno i bersaniani. L’hanno votato i miei, Sel e Rifondazione comunista. Ciò nonostante nessuno mi ha invitato per dare una mano...».

E come mai?

«Mah, per non dividere. Certo l’ho trovato strano. Comunque lo chiamerò per capire meglio, mi prendo anch’io il mio piccolo pezzo di responsabilità».

I grillini, al ballottaggio, non l’hanno votato.

«Se sei del Pd, per un grillino, non è facile votarti e stare a sentire Renzi dire: ‘Ho vinto anche a Venezia’».

Casson che cosa avrebbe dovuto fare, mollare il partitone?

«Se Casson avesse davvero voluto fare Casson, sì. Ma sono io che mi sarei comportato così».

Risultato: ha vinto la destra. Come in Liguria dove è stato riesumato il bertinottismo...

«Ma va... Raffaella Paita ha perso per 10 punti su Giovanni Toti. Pastorino non c’entra nulla».

Vedendo gli ultimi ballottaggi, con l’Italicum Renzi rischia.

«Se Grillo arriva secondo e raduna le forze anti-sistema potrebbe vincere le elezioni».

Lei intanto cerca di occupare spazio a sinistra.

«Un partito di centro ormai non basta, se la destra si riorganizza è caos. Domenica a Roma lancio il mio movimento ‘È possibile’: daremo il via a una grande campagna referendaria per cambiare Italicum e Jobs Act».

I soliti «gufi», direbbe Renzi.

«Li ha prodotti lui, prima non c’erano. Come nel Faust, produciamo strani mostri. Che poi non riusciamo a gestire».