Martedì 16 Aprile 2024

Unioni civili, Renzi ora media. "Stavolta decide il Parlamento"

Possibili paletti alla ‘stepchild adoption’ per accontentare tutti

Matteo Renzi ed Elena Boschi (Ansa)

Italian premier Matteo Renzi with Reforms Minister Maria Elena Boschi after the meeting with senators of Democratic Party at Italian Senate, Rome, 19 January 2015.

ROMA, 9 GENNAIO 2016 - PER LA prima volta, Renzi rompe il solito schema di gioco: la legge sulle unioni civili non passerà per imposizione del governo ma per una sapiente mediazione d’aula. Magari con i Cinque Stelle, ma tentando di non spappolare la maggioranza sull’articolo 5, quello che riguarda l’adozione del figlio del partner: «Lascio libertà di coscienza né presenterò emendamenti in materia. Si parte dalla stepchild-adoption ma sarà il Parlamento a decidere» conferma ai capigruppo, Zanda e Rosato che vede di buon mattino a Palazzo Chigi insieme alla Boschi. Il tema riguarda in primo luogo, come è noto, il partito di Alfano (che litiga con il premier anche sul reato di immigrazione clandestina) ma tocca in diversa misura anche il Partito democratico. E siccome Renzi non ha nulla da guadagnare dalle polemiche che sono destinate a crescere di qui al 26 gennaio, quando al Senato si inizierà a votare, tiene un profilo prudente, mettendo l’esecutivo al riparo. Tanto da far slittare la direzione del Pd – che il 18 avrebbe dovuto parlare anche di questo tema – alla fine del mese. Quando verosimilmente, tutto sarà compiuto.   POI È CHIARO: mancano più di due settimane e tutto può succedere. Pure che l’ombra di una mediazione, cercata soprattutto dai cattolici renziani, improvvisamente prenda corpo. Sì, perché i vertici del Pd sono consapevoli che senza i grillini non si porta a casa il provvedimento, ma altrettanto determinati a tener agganciata al carro Ncd (anche per paura di uno implosione definitiva degli alfaniani) con l’obiettivo di rendere aggiuntivi i M5S. In fin dei conti, il voto segreto agevola chi, nel centrosinistra, volesse assestare colpi di avvertimento al premier-segretario. E il timore di un bidone da parte dei grillini circola tra gli scanni del Pd: c’è chi pensa che potrebbero non avallare intese sull’onda delle polemiche dell’inchiesta sull’amministrazione grillina di Quarto.    COSÌ, Palazzo Chigi si affida al comitato bicamerale sulla legge – composto da 5 senatori e 5 deputati democratici (equamente divisi tra laici e cattolici) e presieduto dalla deputata Micaela Campana – il compito di provare a trovare un’altra via, che non sia quella dell’affido rafforzato avanzata da 25 senatori cattolici del Pd) perché si ritiene contenga profili di incostituzionalità. L’ipotesi su cui si lavora è quella di una “stepchild ristretta”, ovvero un’adozione del figlio del partner meglio precisata. Per esempio, con norme che ricordano i divieti della legge 40 sulla pratica dell’utero in affitto. O che limitano l’adozione ai figli già nati al momento della registrazione dell’unione civile. «Sono solo esempi – dice Walter Verini (Pd), che fa parte della cabina di regia – se ne possono studiare altri. Il nostro lavoro è teso a rassicurare chi in buona fede si dice contrario all’attuale articolo 5». La proposta che uscirà finirà sul tavolo dell’assemblea dei senatori Pd ancora da calendarizzare: se non si farà giovedì prossimo, si terrà martedì 19. E il voto – previsto – vincolerà i democratici, fatti salvi i casi di coscienza. Che, si spera, saranno assai limitati.