Tria, riformista (moderato) all'Economia. "Più Iva per finanziare la Flat tax"

Tria è cauto sul reddito di cittadinanza e vuole cambiare le regole Ue

Giovanni Tria (Ansa)

Giovanni Tria (Ansa)

Roma, 1 giugno 2018 - Chi ha parlato con il professor Giovanni Tria, romano 69 anni, preside di Economia a Tor Vergata, nuovo ministro dell’Economia, lo descrive sorpreso della scelta di Matteo Salvini e Luigi Di Maio, ma per niente impaurito della non facile missione che gli è stata affidata. Europeista senza complessi, di sicuro pro-Euro (ma non fideisticamente, tanto da dar ragione anche alle critiche di Paolo Savona), è cautamente favorevole alla Flat tax (da finanziare, però, con l’aumento dell’Iva), ma anche scetticamente aperturista verso il reddito di cittadinanza dei 5 Stelle, così come verso la correzione della riforma Fornero. Insomma, una sintesi più o meno riuscita del contratto tra i due azionisti del nuovo governo.

Governo, oggi il giuramento di Conte e dei suoi ministri

Una posizione che ha espresso qualche giorno fa sul sito formiche.it con una premessa che è tutta un programma, alla quale rinvia lo stesso neo-titolare del Tesoro. «Il costo delle riforme – osserva – dipende dalla loro specifica configurazione una volta che l’annuncio si dovrà tradurre in norme. Con tutto il rispetto per le competenze riunite intorno al tavolo politico delle trattative, poi le norme attuative dei propositi si dovranno scrivere con le competenze istituzionali in grado di misurare effetti di bilancio. E in genere la realtà delle cifre ridimensiona spesso la visione». Insomma, bisognerà fare i conti con i paletti delle coperture finanziarie. Ma non solo. Si tratterà di decidere anche «se le compatibilità di bilancio del programma dipenderanno da un improbabile mutamento delle regole europee o se queste regole saranno forzate».

Tria, dunque, non si presenta come un pasdaran delle forzature dei conti né rispetto ai vincoli esterni né rispetto a quelli interni. E, d’altra parte, la sua formazione e la sua cerchia non sono quelle né di Savona né di Ciocca: riformista moderato, vicino da anni ad altri riformisti di estrazione socialista (da Renato Brunetta a Maurizio Sacconi, a Gianfranco Polillo), non a caso è uno dei componenti anche dell’associazione Marco Biagi. E, infatti, proprio con Brunetta firmò un intervento nel quale scriveva: «Non ha ragione chi invoca l’uscita dall’euro senza se e senza ma come panacea di tutti i mali, ma non ha ragione neanche il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, quando dice che ‘l’euro è irreversibile’, se non chiarisce quali sono le condizioni e i tempi per le necessarie riforme per la sua sopravvivenza». Con il corollario che bisogna cercare soluzioni condivise perché uscire dall’euro da soli «significa pagare solo costi senza benefici». Il neo-ministro vuole vedere bene dentro il reddito di cittadinanza: «Sembra oscillare tra un’indennità di disoccupazione un poco rafforzata (...) e un provvedimento, improbabile». Avanti sulla Flat tax, con giudizio: «Coincide con l’obiettivo di riduzione della pressione fiscale come condizione di una politica di crescita».

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