Venerdì 25 Aprile 2025
STEFANO CECCANTI*
Politica

Terzo mandato, parola alla Consulta. La legge campana verrà bocciata

Oggi la decisione dei giudici costituzionali sul caso De Luca e i tentativi di aggirare il divieto. Il giurista Ceccanti: "C’è il dovere di inquadrare la sovranità popolare entro norme precise"

Terzo mandato, parola alla Consulta. La legge campana verrà bocciata

Roma, 9 aprile 2025 – La Corte Costituzionale è chiamata a decidere oggi sul tentativo della Regione Campania di eludere il divieto di terzo mandato consecutivo dei presidenti di Regione contro cui il governo ha deciso di ricorrere.

La legge campana, recependo ora quel principio stabilito da una legge dello Stato nel 2004, punta a far ripartire il calcolo dei mandati e a consentire quindi al presidente De Luca di ricandidarsi. A mio avviso non c’è nessuna motivazione che possa salvare la legge campana da una declaratoria di incostituzionalità. Per spiegare questo netto giudizio adotto una prospettiva storica.

Vincenzo De Luca (Ansa)
Vincenzo De Luca (Ansa)

Quando nel 1993 a larghissima maggioranza il Parlamento introdusse l’elezione diretta dei sindaci, ispirandosi a un modello elaborato dallo studioso Maurice Duverger nel 1956, sapeva di adottare un modello contrassegnato da una forte concentrazione di poteri. Non solo infatti si prevedeva l’elezione diretta del vertice dell’esecutivo, ma anche una sintonia necessaria con l’assemblea elettiva, la cui composizione era curvata da un premio di maggioranza trainato dal sindaco eletto. Non un modello presidenziale che separa esecutivo e assemblea, ma neo-parlamentare trainato dall’esecutivo, per riprodurre una logica inglese, di governo di legislatura, dove il sistema dei partiti era molto più frammentato. Per questa ragione erano falliti rimedi più morbidi, come la sfiducia costruttiva, di nessuna efficacia deterrente tra 1990 e 1993.

Per mantenere questa sintonia in corso di mandato era poi prevista, sempre seguendo Duverger, la logica dell’aut simul stabunt aut simul cadent tra i due organi: lo scioglimento dell’assemblea da parte del sindaco portava sempre a nuove elezioni anche per il sindaco; la sfiducia solo distruttiva dell’assemblea verso il sindaco distruggeva il sindaco, ma anche l’assemblea medesima. Una sorta di deterrenza nucleare reciproca. Sin da subito si decise che il modo più efficace di limitare questa concentrazione era il fattore tempo: non più di due mandati consecutivi per il sindaco, in origine erano quadriennali, ma dal 1999 estesi a cinque anni. Il limite dei mandati apparve consustanziale a quella forma di governo. Quando quel modello si estese a livello regionale, con la prima elezione diretta nel 2000, prima che la consiliatura regionale scadesse, nel 2004 si decise di estendere anche il limite dei mandati. Essendo divenuta la materia concorrente e spettando quindi il potere di stabilire i principi allo Stato, il Parlamento optò non per una generica richiesta di inserire un limite, ma per scrivere in maniera secca il tetto dei due mandati. Un tipo di scrittura che porta con sé una naturale immediata autoapplicatività fin dalle prime elezioni successive, non dipendente dai recepimenti delle Regioni. Altrimenti si negherebbe sia questa consustanzialità del limite a questa forma di governo (confermata anche dal suo inserimento nel progetto di premierato) sia il ruolo dello Stato nella legislazione concorrente quando esso decide di stabilire princìpi precisi.

È lecito attendersi pertanto dalla Corte e questo rigore, dando e un segno prezioso del dovere di inquadrare la sovranità popolare dentro precise forme e precisi limiti, come recita l’articolo 1 della Costituzione. E questo apparirebbe ancor più significativo nel momento in cui il presidente Trump dichiara di voler aggirare il ben più rigido tetto dei due mandati a vita stabilito negli Usa dal 1951.

* Costituzionalista