Roma, 8 aprile 2025 – Dopo aver sbattuto contro un muro senza crepe, Matteo Salvini ingrana la retromarcia, lasciandosi aperto solo uno spiraglio minimo: “Io al ministero dell’Interno? Me lo hanno chiesto in tanti, io ritengo che Piantedosi, oltre a essere un leale servitore dello Stato, sia anche un ottimo ministro. Come ha detto lui, anche io lo sono stato: potrei tornare in futuro. Semmai ne parlerò con lui e con Meloni”.
All’ora di cena, ospite di Bruno Vespa a Cinque Minuti, il Capitano alza bandiera bianca: “Il governo è unito”, dice. È appena terminato il duplice vertice a Palazzo Chigi in cui tutti giurano che il Viminale non è stato nemmeno nominato. Difficile crederlo, ma non si sa mai. Comunque, l’azzardo del vicepremier leghista aveva incontrato nel corso della giornata una impressionante raffica di rifiuti. Qualcuno rumoroso, qualcuno discreto. E qualcuno ironico.

La reazione di Piantedosi
Quello del diretto interessato, Matteo Piantedosi: “Fuori dal ministero ambirei solo a un ruolo all’Avellino calcio; è l’unica passione che coltivo al di fuori del Viminale”. L’ex capo di gabinetto di Salvini la mette giù piatta: a candidarsi in Campania non ci pensa proprio.
“La Regione non mi interessa”. Così, respinge il pressing partito dal congresso della Lega e rilanciato in giornata dal sottosegretario al dicastero del Lavoro, Claudio Durigon: “Salvini ha subito un’enorme ingiustizia, gli va ridato ciò che gli è stato tolto. Al Viminale serve una guida politica”.
Nulla da fare: almeno per ora. Ragion per cui dal Carroccio ci tengono a precisare che il leader leghista ha sentito Piantedosi con cui “stima e amicizia restano intatti, non ci saranno mai litigi”. Parole ribadite in serata da Salvini.
Colle contrario, cartellino rosso dalla maggioranza
Tra i no al suo ritorno all’Interno, il meno vistoso ma forse anche il meno superabile è quello del Colle: senza esporsi minimamente, fa capire di essere contrarissimo. Del resto, fanno notare assidui frequentatori del Quirinale, il capo dello Stato ha sempre detto che in questo momento in quel ministero è meglio che ci sia un tecnico.
Nessuna sottigliezza diplomatica invece per il ministro degli Esteri, Antonio Tajani: “Ho grande considerazione per il ministro Piantedosi. Sta lavorando benissimo”. Seguito da tutta Forza italia: a riassumere gli umori, provvede il capo dei senatori, Maurizio Gasparri.
“Abbiamo già un ministro esperto, saggio e affidabile”. Chiosa il leader di Noi Moderati, Maurizio Lupi: “Cambiare squadra ora non avrebbe senso”. Il disco rosso arriva anche da FdI con il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, che elogia Piantedosi (“straordinariamente efficace”) e sottolinea come Salvini debba “portare a termine alcune sfide al ministero delle Infrastrutture”.
La premier non si scopre
La premier non si scopre, ma tutti sanno che la sua opinione non differisce da quella di Tajani & co. Ufficialmente, lo scoglio è che una sostituzione del genere non sarebbe un rimpastino, ma richiederebbe un riequilibrio complessivo del governo al punto che c’è chi sostiene che diventerebbe necessario un passaggio parlamentare. In realtà i dubbi di Giorgia Meloni sono molti: non che quello sul rimpasto sia finto, ma certo ritrovarsi un Salvini in cerca di visibilità al Viminale le fa correre brividi lungo la schiena. Senza contare che non ha intenzione di entrare in frizione con il Quirinale.
Perché Salvini ha tentato la mossa
Resta da capire perché Salvini abbia deciso una mossa che appare poco meditata. Che il Viminale resti il suo sogno è fuori di dubbio: nel 2019 in quella posizione ha fatto il pieno di consensi. C’è di più: il salto gli permetterebbe di lasciare un ministero che non sta dando i risultati sperati. Ma le chance di farcela erano visibilmente ridotte a zero, data l’ostilità degli alleati, della premier, del Colle per non parlare di Bruxelles che vedrebbe la sua “promozione” all’Interno come una specie di affronto. Per provare la scalata Salvini aveva solo una possibilità: quella estrema, minacciare la crisi di governo. Una mossa da kamikaze che non ha né la voglia né la possibilità di tentare.