Il ciclone di Mani Pulite, che cambiò l’Italia per sempre, arrivò imprevisto – come quasi tutti i fatti che invertono il corso della storia – la sera del 17 febbraio del 1992, trent’anni fa. Era un lunedì. Un giorno moscio, moscissimo per le redazioni della cronaca milanese, fino alle nove di sera, quando cominciò a circolare la notizia: "Hanno arrestato Mario Chiesa". Chiesa arrestato? Ma va’ là. In molti pensammo a uno scherzo. Mario Chiesa era il presidente del Pio Istituto Albergo Trivulzio, noto ai milanesi come “la Baggina”, la casa per anziani più famosa della città e forse d’Italia. La Baggina era il ricettacolo, da sempre, di donazioni miliardarie (si misurava tutto in lire, allora), e quindi un patrimonio immobiliare immenso, e quindi possibilità di dispensare affitti agli amici degli amici, e poi appalti, assunzioni, e così via. Mario Chiesa era una delle persone più potenti di Milano. Socialista. Perché il potere, in quegli anni, era del Psi di Bettino Craxi. I socialisti avevano più o meno il 10 per cento dei voti, ma con quelli governavano quasi ovunque: qua con i democristiani, là con i comunisti. A Milano il sistema era il Psi, dalla fine della guerra, quasi ininterrottamente. Arrestato Chiesa? Impossibile. Da tempo si mormorava sugli affari dei socialisti, su un giro di tangenti, clientele, corruzione diffusa. La Procura aveva provato, qualche volta, a vedere che cosa c’era di vero, in quelle voci: ma senza mai trovare nulla. Quel 17 febbraio di trent’anni fa, però, il pm che indagava sulla corruzione era Antonio Di Pietro, un ex poliziotto magari meno forbito di suoi tanti colleghi, ma investigatore formidabile come nessun altro. Sì, Chiesa era un intoccabile: ma Di Pietro lo incastrò mandando nel suo ufficio un piccolo imprenditore di Monza, Luca Magni, imbottito di microspie e di banconote ...
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