
Il ministro della Difesa Guido Crosetto, 61 anni, parla col responsabile degli Esteri Antonio Tajani, classe 1955
Una situazione che non lo fa "dormire la notte", confessa il ministro della Difesa, Guido Crosetto, ma che ci porta a "un passo coraggioso e necessario per proteggere la nostra libertà e i nostri valori", sostiene invece il ministro degli Esteri, Antonio Tajani. La guerra e il mondo che cambia in peggio fanno dire ai due ministri, davanti alle commissioni Esteri riunite di Camera e Senato, che l’Italia deve reagire e prepararsi al peggio. "Non possiamo più essere protetti solo dagli Usa, l’Europa deve assumersi le proprie responsabilità", dice Tajani, introducendo così le motivazioni dell’aumento delle spese per la difesa al 5% – concordato al summit Nato dell’Aja – che, a loro dire, va incontro agli interessi dell’Italia e degli alleati dettata "in primis" dalla preoccupazione condivisa con gli Alleati per la "crescente minaccia della Russia".
Crosetto ha snocciolato numeri da brividi dell’economia di guerra, ormai a pieni giri, dello ’zar’ Putin: "Per il solo 2025 Mosca potrà disporre di oltre 1.500 carri armati, 3mila corazzati, 400 missili Iskander, migliaia di missili di vario tipo, decine di migliaia di bombe aeree e oltre un milione di droni. Arriveranno a 1,6 milioni i militari effettivi e a 5 milioni le riserve". Cui potrebbero aggiungersi presto al fronte ucraino altri "25-30mila soldati nordcoreani". Nel complesso, ricorda Crosetto, l’economia di guerra assorbe il 43% della spesa russa e gran parte di questi armamenti non viene utilizzata, ma "assegnata a riserve strategiche". Ecco perché i Paesi Nato più vicini alla frontiera Est si stanno preparando al peggio, la Svezia addirittura prevedendo "un cimitero in grado di ospitare sino al 5% della popolazione". E l’Italia sarebbe cieca a non allinearsi.
Per il momento, se verso l’Europa la minaccia russa resta un’ipotesi, per l’Ucraina è invece una realtà concreta con il ministro degli Esteri che ha affermato di aiutare la ricerca di una soluzione negoziale della guerra che sta portando avanti la Casa Bianca. Al centro dell’audizione, comunque, l’innalzamento della spesa per la difesa dal 2 al 5% del Pil entro il 2035. Un passo che, secondo il governo, verrà centrato senza tagliare risorse da altri comparti della spesa pubblica: "Nessun euro verrà sottratto alla sanità, all’istruzione o alla spesa sociale. E nessun euro verrà tolto ai Fondi di coesione", ha chiarito Crosetto. Come è possibile? In primis grazie al fatto che il "vero" target da tenere a mente non è il 5%, ma il 3,5% del Pil: quello da riservare a spese militari vere e proprie. Quanto all’altro 1,5%, ripete per due volte a senatori e deputati Crosetto, questo "comprende attività già presenti ieri e oggi nei bilanci nazionali", quindi non nuove risorse, ma alchimie contabili, con l’Italia che può considerarsi garantita dal fatto che il nuovo obiettivo di spesa andrà raggiunto solo nel 2035 e senza alcuna "traiettoria rigida di crescita della spesa", spiega Tajani.
Parole che non hanno convinto il leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte, presente all’audizione perché membro della Commissione Esteri della Camera, che ha parlato chiaramente di "una bugia": "Ma perché prendete in giro gli italiani?", ha attaccato. L’ex presidente del Consiglio ha incalzato il governo anche sulla questione Medio Oriente. "Tajani quando parla su Gaza sembra il rappresentante di una ong, ma noi facciamo politica", ha detto rivolgendosi al ministro degli Esteri. Quindi, sempre con gli stessi toni, Conte ha dato degli "irresponsabili" ai due ministri per aver "sottoscritto in piena sudditanza" il diktat della Nato. E intanto, se dalla maggioranza e da Azione con Ettore Rosato, si plaude all’unanimità al senso di responsabilità dimostrato dal governo, da sinistra e dal M5s arrivano censure. "Il caldo gioca brutta scherzi, siete diventati tutti matti?", attacca il leader di Avs Nicola Fratoianni, che accusa il governo Meloni di aver "vincolato questo Paese per 10 anni con un impegno che scassa senza appello i nostri conti e ci preclude gli investimenti necessari al rafforzamento del welfare".