Superbonus, Meloni: "Costato 2.000 euro a ogni italiano". Tajani: testo si può migliorare

La premier, nella sua rubrica Facebook: "C'è un problema: quando lo Stato fa una cosa non è mai gratuito, perché i soldi che spende sono soldi dei contribuenti". E denuncia: "Circa 9 miliardi di truffe"

La premier Giorgia Meloni nella sua rubrica social 'Appunti di Giorgia' (Ansa)

La premier Giorgia Meloni nella sua rubrica social 'Appunti di Giorgia' (Ansa)

Roma, 19 febbraio 2023 - Il superbonus è costato agli italiani 2.000 euro a testa, ha affermato la premier Giorgia Meloni, nella sua rubrica social 'Appunti di Giorgia'. Il presidente del Consiglio ha sottolineato che nel costo totale di 105 miliardi di euro, circa 9 sono state truffe. Ora l'impegno del governo è trovare una soluzione per le aziende messe in difficoltà dallo stop allo sconto in fattura e cessione del credito, e per il bilancio pubblico. Il vicepremier Tajani, nel frattempo, parla di "decisione indispensabile", ma assicura che in Parlamento "ora si può lavorare per far sì che il testo sia migliorato". 

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Superbonus costato 2.000 a ogni italiano 

"A ogni italiano il superbonus è costato 2000 euro. Quando spende lo stato non è nulla gratis", ha avvertito la Meloni sui social. "Il costo totale" dei crediti è "attualmente di 105 miliardi di euro", ma la premier ha sottolineato che "ci sono state moltissime truffe, circa 9 miliardi di euro". Aggiungendo: "Quindi ovviamente la misura non era affatto gratuita: è una misura che ovviamente impatta oggi sulle casse dello Stato, perché dove c'è un creditore c'è anche un debitore e quel debitore sono i contribuenti italiani".

Superbonus, cercare soluzioni per aziende in crisi

Il la misrura del superbonus "è stata scritta così male e fatta così male che ha generato una serie enorme di problemi che noi oggi abbiamo ereditato e siamo tenuti a cercare di risolvere", ha sottolineato la Meloni. "Ora dobbiamo cercare soluzioni per evitare il tracollo di migliaia di aziende" che pagano lo stop allo sconto in fattura e cessione del credito. La premier ha aggiunto che il governo convocherà le categorie per comprendere meglio cosa fare. Le "aziende e lavoratori sono stati messi in una condizione tragica da qualcuno che evidentemente non era abbastanza serio nello scrivere questa misura, quindi siamo intervenuti e continuiamo a intervenire, convocheremo tutte le associazioni di categoria, le aziende coinvolte, per capire che cosa altro possiamo fare per aiutarle, per dare loro una mano, per salvare queste aziende e per salvare questi lavoratori e per rimettere questa misura in un binario sensato".

Convocate imprese e banche

Superbonus, situazione era fuori controllo 

"Nel Consiglio dei ministri siamo tornati a occuparci dell'annosa vicenda del superbonus. Siamo tornati su questa materia perchè ancora una volta abbiamo dovuto cercare di sanare una situazione che è diventata purtroppo fuori controllo, con esiti che possono essere imprevedibili e molto pesanti", ha affermato la premier nella sua rubrica Facebook. "Ora dobbiamo difendere bilancio pubblico", inoltre "Se lasciassimo il superbonus così com'è non avremmo i soldi per fare la finanziaria". La premier ha spiegato: "Questi crediti hanno praticamente generato una sorta di moneta parallela e quella moneta parallela rischia di impattare sui bilanci pubblici in modo devastante". "Quei bilanci pubblici - ha sottolineato - sono il bilancio dello Stato, ma sono anche bilanci degli enti locali e quando crolla il bilancio pubblico purtroppo questo impatta su tutti, anche sulle aziende che devono prendere quei crediti, anche su chi ha fatto il superbonus".

Superbonus, tantissime truffe 

La premier ha rivendicato l'intervento: il superbonus "ha bisogno di essere sistemato anzitutto perchè ci sono state moltissime truffe: ad oggi sono stimate 9 miliardi di euro di truffe, cioè di lavori che non sono stati fatti o di lavori che sarebbero stati fatti su edifici che non esistono". Di conseguenza "è accaduto anche che la bolla si è gonfiata così tanto che a un certo punto chi aveva questi crediti, le aziende prevalentemente, non poteva compensarli più perché aveva esaurito diciamo la sua possibilità di compensare quel credito con le tasse e non riusciva più neanche a cederli perché anche i cassetti fiscali delle banche degli altri attori che potevano comprare quei crediti si sono chiusi".  

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