Per approfondire:
Due forze centrifughe si muovono in vista della corsa per il Colle che si aprirà il 24 gennaio. Da un lato ci sono tutti gli alleati principali dell’Italia e i centri economici internazionali che tifano affinché Mario Draghi resti dov’è, a palazzo Chigi. Ieri si è espresso in tal senso anche il presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron, dicendo che "abbiamo molta fortuna ad avere un presidente della Repubblica (Mattarella) e un presidente del Consiglio (Draghi) così coraggiosi, europeisti e amici della Francia". Ma anche la banca d’affari Goldman Sachs ci mette del suo e, in un report ("Draghi: should I stay or should I go") invita il premier a restare esattamente dov’è. Dall’altro, ci sono, le convenienze dei principali attori della politica italiana che, da Matteo Renzi, in modo esplicito, a Matteo Salvini, in modo implicito, vorrebbero far traslocare il premier al Colle più alto. Il fronte giallorosso, poi, vede come il fumo negli occhi il rischio che Berlusconi possa, con un colpo di mano, vincere la corsa, causando la destabilizzazione del quadro politico. Infine, anche la rassicurazione che la Lega offre sulla sua volontà di restare nel governo Draghi, dopo due giorni in cui è soffiato forte il vento di un suo possibile sganciamento dalla maggioranza ("la Lega intende rimanere dov’è, con Mario Draghi a palazzo Chigi, a completare il lavoro"), parla, in realtà, con lingua biforcuta. È evidente che la conditio sine qua non della permanenza della Lega al governo è la presenza di Draghi. Senza Draghi, la Lega potrebbe tornare alle "mani libere": al governo, se gli piace e conviene, e all’opposizione ove, invece, non gli piacesse. Il ministro Giorgetti sente già aria di fine corsa e invita i suoi a "fare gli scatoloni", forse proprio perché ha capito che Salvini si vuole sganciare dal governo ...
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