Su Draghi il gelo di Lega e 5 stelle. La partita del Quirinale ancora in stallo

Carroccio e grillini irritati dalle mosse di Supermario, che tuttavia resta il candidato più forte per il Colle

Mario Draghi

Mario Draghi

Mario Draghi in uno dei primi tre scrutini, quando serve la maggioranza qualificata dei voti (673 su 1009 Grandi elettori), Silvio Berlusconi dal IV scrutinio in poi, quando basta la maggioranza assoluta (505 voti), oppure un bis di Sergio Mattarella, ma in uno scenario da “fine di Mondo“ col Parlamento che, incartato, lo prega. Sembrano solo queste le tre soluzioni plausibili, nel Grande Gioco del Colle che, a oggi, è fermo.

Ieri è stata una giornata trascorsa in surplace. Gli appuntamenti veri solo la prossima settimana: il 12 gennaio si riuniscono i gruppi parlamentari del M5s, in piena rivolta anti-Conte. Il 13 gennaio si vedono i Grandi elettori del Pd (segreteria, direzione, gruppi parlamentari, in cui i dissidenti da Letta non mancano). Infine, pur se non c’è ancora una data, a ruota si terrà il tanto agognato vertice del centrodestra, che, pur godendo la maggioranza relativa dei Grandi elettori (451 sui 420 del centrosinistra) – non riesce ancora a formulare una proposta.

Nell’attesa, ci si lecca le ferite dopo il tempestoso cdm dell’altro giorno. Le nuove misure anti-Covid prese dal governo hanno visto il ritorno di un inedito asse giallo-verde, con Lega e M5s che hanno fatto – o, almeno, ci hanno provato – fronte comune contro la posizione rigorista e pro-vaccini di un altro asse inedito (Pd-FI-Iv-LeU).

Lega e M5s (ala Conte) sono unite dalla ormai palese mal sopportazione della figura di Draghi. Il guaio è che lo giudicano ingombrante sia per restare a palazzo Chigi che per il Quirinale. E se anche Giorgetti – assente in un cdm così importante – si sarebbe ormai rassegnato alla fine della sua esperienza di governo ("preparate gli scatoloni", avrebbe detto ai suoi), in vista di un – possibile – ritorno della Lega all’opposizione, Salvini è combattuto dalla voglia di spedire Draghi al Colle per riprendersi spazi di manovra, contro la Meloni, e la necessità di non indispettire troppo i referenti nordisti della Lega, lasciando Draghi (e la Lega) al governo.

Pure nei 5Stelle, al netto della paura che attanaglia tutte le anime (le elezioni anticipate), si vive la dicotomia di chi vorrebbe liberare la casella di palazzo Chigi per mandarci il suo campione (Di Maio) e chi vuole solo fermare la corsa di Draghi (Conte), oltre a tutti gli incoerenti fan del bis di Mattarella. Un bis che non dispiace neppure alla pancia dei parlamentari dem, mentre Letta vorrebbe salvare capra e cavoli, spedendo Draghi al Colle e garantendo la continuità dell’azione di governo, magari spostando ministri a suo piacimento. Un governo non fotocopia, dunque, ma politico, che però non si capisce chi potrebbe mai guidare. Su ambedue i poli pesa l’ambizione del Cavaliere che insiste a volerci provare, dal quarto scrutinio.

Matteo Renzi, che sta brigando con Toti per dare vita a un super-gruppone centrista, dice che "Draghi sarebbe un perfetto presidente della Repubblica", ma "se vogliamo mandarlo al Colle, bisogna costruire un governo anche per il dopo. Serve la politica". Cioè proprio quella che manca.