Elezioni politiche 2022, il Pd 'ripesca' Ceccanti. "Chi vota vuole facce"

Il costituzionalista riformista era stato escluso per fare posto a Fratoianni. Poi il dietrofront di Letta

Stefano Ceccanti, 61 anni, deputato per il Pd in questa legislatura

Stefano Ceccanti, 61 anni, deputato per il Pd in questa legislatura

Prof Stefano Ceccanti, il Pd – dopo le tante pressioni e i tanti appelli a suo favore, del mondo accademico, riformista, cattolico, e dopo la dura rivolta dei dem pisani – ha appena ‘recuperato’ il suo collegio, l’uninominale Camera 04 di Pisa, e le hanno ridato il ‘posto’. E così, alla fine, contenti tutti. Sia lei che Fratoianni?

"Il problema non è chi accontentiamo, ma come formuliamo una proposta per gli elettori. Sono loro che dobbiamo accontentare. I partiti sono strumenti che formulano proposte per la politica nazionale, non possono essere autoreferenziali. Nicola Fratoianni è il segretario di un partito politico nazionale. Come tale è candidabile come capolista nel proporzionale della lista a cui ha dato vita e in tanti collegi uninominali. Peraltro, lui stesso ha sostenuto la tesi che sarebbe stato preferibile non candidare i leader negli uninominali. Invece, un parlamentare uscente che ha lavorato in un determinato territorio è candidabile solo lì e, qualora sia ritenuto meritevole, è giusto che sia ricandidato solo lì. Mi sembra un’intesa a somma positiva. In fondo, così chi vuole Fratoianni lo vota nel proporzionale e non è alternativo al sottoscritto, che sta solo nell’uninominale".

Leggi anche: Letta: "Su Meloni battuta infelice. Renzi e Calenda? Abituati a fregare gli altri"

Le pressioni, anzi la vera e propria ‘sollevazione’ del Pd locale e dei pisani l’hanno aiutata?

"Sì, perché si è capita la logica del collegio uninominale. Senza enfatizzare eccessivamente il ruolo del singolo candidato, bisogna però stare attenti: non è un ruolo assente. Andate a guardare il fac-simile della scheda: il nome del candidato nel collegio è il primo che compare tra quelli della coalizione, l’elettore parte da lì. Se trova qualcuno che ha conosciuto, e di cui non ha un giudizio a priori negativo, è un valore aggiunto che non c’è rispetto a uno sconosciuto. Questo hanno fatto valere i democratici pisani e anche molti cittadini. Sarebbe valso per entrambi, sia per me sia per Fratoianni, ma così appunto gli elettori che vogliono possono votare entrambi".

Molti gli appelli per ‘ridarle’ un seggio, specie dal mondo riformista, liberal e cattolico. L’hanno stupita o ha solo ben seminato, in questi anni?

"Posso solo registrare, ex post, l’insieme del movimento che si è creato. Per un verso quello locale perché altrimenti, al di là del sottoscritto, sulla scheda elettorale non ci sarebbe stato nessun candidato di area Pd di Pisa, e per altro verso quello nazionale, che in effetti è andato oltre le aspettative. Le interpretazioni le affido a voi".

Ma era così importante riaverla in Parlamento? Mancava solo si dicesse che lei è il Concetto Marchesi di Togliatti, il Ruffilli di De Mita o l’Andreatta di Letta…

"Guardi, io ricordo sempre quello che mi disse un giovane sacerdote peruviano che conobbi a Pisa e che fa oggi l’arcivescovo a Lima, mons. Castillo, riprendendo un romanziere del Perù: ’È meno quello che siamo della grande speranza che speriamo’. Se però facciamo capire almeno una piccolissima parte di quella speranza attraverso di noi, utilizzando le nostre competenze, forse siamo apprezzati oltre i nostri limiti".

Quali battaglie vuole portare avanti, se ce la farà?

"Le priorità sono quelle del Pd, non personali. Di personale ci possiamo mettere la nostra specifica competenza, dove siamo chiamati a lavorare. Mi piacerebbe che andassimo avanti con un aggiornamento ragionevole della Costituzione, spostando i poteri sul ruolo del Parlamento in seduta comune, a partire da fiducia, sfiducia e conversione dei decreti, e nel consentire alle persone, specie giovani, di votare dove vivono".

È conscio che il centrodestra vincerà le elezioni?

"Mi ricordo la valanga di voti e seggi che si prevedevano per la coalizione di centrosinistra di Bersani nel 2013, voti che poi non arrivarono. E l’elettorato è oggi molto più mobile di allora…".