Domenica 23 Marzo 2025
Valerio Baroncini
Politica

Piano riarmo, Stefano Bonaccini: “Sì in linea coi socialisti”. “Pd unito, niente congresso”

L’europarlamentare e presidente dem ha votato a favore di Rearm Ue. “Fiducia in Schlein. Nessuna rottura, serve il confronto. L’obiettivo resta la pace”

Piano riarmo, Stefano Bonaccini: “Sì in linea coi socialisti”. “Pd unito, niente congresso”

Stefano Bonaccini, europarlamentare e presidente del Pd, lei ha votato Sì sul libro bianco della difesa: perché? Come è maturata questa scelta?

“Ho votato Sì come il gruppo dei Socialisti e democratici, di cui il Pd fa parte, peraltro insieme con Popolari, Verdi e Liberali. Il testo, migliorato grazie a emendamenti voluti proprio dal Pd, rappresenta un primo passo per la costruzione della difesa comune europea. Non è ancora sufficiente e contiene ancora limiti e ambiguità, ma è stato il risultato possibile in quel momento”.

La segretaria del Partito Democratico, Elly Schlein (D), e Stefano Bonaccini (S)
La segretaria del Partito Democratico, Elly Schlein (D), e Stefano Bonaccini (S)

La linea della segretaria Elly Schlein, sostenuta da undici suoi colleghi, era l’astensione. Ma in dieci, lei compreso, non l’hanno seguita. Questa spaccatura sul riarmo non indebolisce il Partito Democratico? Non teme un calo nei consensi?

“Non vedo alcuna frattura drammatica, peraltro nessuno del Pd ha votato contro. Ci sono state valutazioni diverse, questo sì, su un testo che ha punti di forza e punti di debolezza. Ma la direzione di marcia è condivisa da tutti noi: la difesa comune europea”.

Un partito non dovrebbe dire dove sta, invece di astenersi? Conte dice che il Pd è in difficoltà.

“Potrei dire che in difficoltà sono i 5 Stelle, che hanno votato come Salvini, Orban e tutti gli altri nazionalisti di estrema destra. Ma questo è un argomento troppo importante per strumentalizzarlo sul piano della propaganda interna, anche perché chi si definisce alternativa a questa destra e al governo Meloni dovrebbe avere ben chiaro dove stiamo gli avversari. Il Pd in ogni caso vuole un’Europa più unita e più forte per reggere alla spinta disgregatrice di Putin e Trump. Ecco dove sta il Pd”.

La divisione sulla risoluzione è un segnale di sfiducia netto: è mancato il confronto prima del voto? E ora che succede?

“Io ho fiducia nella nostra segretaria Elly Schlein e confido che confrontandoci sapremo fare tutti un passo avanti insieme. La prossima settimana la presidente Meloni dovrà riferire al Parlamento e la nostra proposta su un autentico piano di difesa comune sarà evidente. Così come la nostra richiesta al Governo di scegliere finalmente di stare con l’Europa anziché con Trump, che vuole togliere i dazi alla Russia e metterli all’Italia. A tal proposito, mi piacerebbe accompagnare il vicepremier Salvini, che sostiene che i dazi possono farci bene, dai nostri imprenditori manifatturieri per chiedere loro una opinione, visto che hanno negli Stati Uniti uno dei principali mercati di destinazione delle nostre merci e dei nostri prodotti. Penso di sapere quale sarebbe la loro risposta”.

Lei non è solo un europarlamentare, è anche il presidente del Pd: serve un congresso straordinario del partito? Se sì, quando?

“No. Serve il nostro contributo alla costruzione di un’Europa politica che, oltre a eliminare il diritto di veto, sappia parlare con una sola voce in politica estera e rendersi autonoma dal ricatto di Trump e Putin”.

C’è qualcosa che l’ha ferita in queste ore?

“Qualche commento che ci dipinge come favorevoli alle armi e non alla pace. Come che non ci interessi garantire a noi stessi, ma soprattutto ai nostri figli e nipoti, un futuro di pace, libertà e diritti sia civili che sociali, in un tempo in cui persino le democrazie sembrano a rischio. Proprio ottant’anni fa partigiani e gli Alleati ci liberarono dalla follia nazi fascista ripristinando la democrazia dopo decenni di dittature e la pace dopo le macerie e le tragedie indicibili della seconda guerra mondiale. Ma come ha lucidamente detto Romano Prodi il piano approvato è un primo passo per arrivare a una difesa comune a tutela dei nostri valori e della democrazia, visto che l’ombrello americano tenderà a chiudersi. Dunque non vi è dissonanza tra necessità di difesa comune e impegno primario e costante per la pace”.

Bonaccini, guardiamo avanti: le divisioni di questi giorni, anche nella coalizione, possono avere ricadute sulle prossime elezioni?

“Mi auguro proprio di no, visto che a Genova o a Ravenna, due dei principali comuni al voto a maggio, si è già raggiunto un accordo di tutto il centrosinistra, dalla sinistra ai moderati fino al M5S, e ci auguramo sia la premessa per tornare a conquistare Genova con Silvia Salis e riconfermarci nella città del governatore dell’Emilia-Romagna Michele de Pascale con Alessandro Barattoni”.

Poi ci saranno le Regionali.

“Avremo ben sei regioni al voto il prossimo autunno, con un terzo degli aventi diritto in Italia coinvolti: spero proprio che si possano replicare i successi di Emilia-Romagna e Umbria determinati da due ottime candidatuire come de Pascale e Stefania Proietti, ma anche da un centrosinistra che ha finalmente saputo presentarsi tutto unito e plurale”.