Allora, diciamolo pure: per una notte sei stato presidente della Repubblica, poi… hai preso gol al 94’. "Uno di quei tiri da quaranta metri. Mi viene in mente quello che diceva Boskov: partita non finisce finché arbitro non fischia". E sorride. Ma non amaro. Sorride e basta. Pier Ferdinando Casini. Forse non un politico, ma "Il Politico" assoluto, per costanza, fedeltà e servizio all’idea. Poi è tante altre cose: Casini è Bologna, è rossoblù, è equilibrio, è battuta pronta, è italiano parlato bene. Una mattina ai Giardini Margherita. "Sì, facciamo l’intervista, ma devi venire a camminare con me. E poi devi andare veloce sennò io vado via sulla salita dei leoni". E allora intervista e per fortuna che leggendola non sentite il fiatone di due nati negli anni 50. Pier Ferdinando, ma che idea ti sei fatto di quello che sta succedendo? Che mondo stiamo vivendo? "Mio padre, 40 anni fa, mi diceva: “Tu fai politica oggi in un’epoca che è migliore della mia ma tutto è più confuso oggi, è più difficile di quello che era per me“. Figuriamoci oggi. Tutto è moltiplicato. Abbiamo di che essere angosciati. Veramente. Da tutto. Dal problema del clima, dalla guerra, dalla prepotenza della rete. La rete sarebbe fantastica e lo è, ma riduce in maniera tremenda gli spazi di democrazia. Rende tutto più confuso". Quindi siamo senza speranza? "No, non è vero. Bisogna pensare così: che a volte dal male nasce il bene. La guerra per esempio. Io penso che sia uno degli orrori della nostra epoca. Ma forse può servire a risvegliare le coscienze di tutti. E a capire che la democrazia non ci è stata regalata e non bisogna stare lì a fare niente. Bisogna difenderla, ogni giorno. E quindi la speranza ce l’ho". Adesso ognuno sulla rete scrive l’editoriale ...
© Riproduzione riservata