
Protesta show delle opposizioni. Balboni (FdI): "State con i criminali". .
"Se vuoi fare il fascista di Colle Oppio, ci vediamo a Colle Oppio", gli urla in faccia Carlo Calenda. Lo segue Graziano Delrio, paonazzo dalla rabbia: "Dici cose assurde!". Nella seduta più tempestosa che il Senato abbia vissuto negli ultimi anni, quella che vede diventare legge dello Stato con 109 sì, 69 no e un’astensione il decreto Sicurezza blindato dalla fiducia, il presidente della commissione Affari costituzionali, Alberto Balboni (FdI), riesce a trasformare in guerriglieri persino il mite senatore democratico e il ’responsabile’ leader di Azione: "Per chi propugna la dottrina Salis e porta in Parlamento chi predica le occupazioni abusive, capisco che preferiate stare dalla parte della criminalità organizzata", attacca il meloniano. Che poi accosta le opposizioni ad Alfredo Cospito, detenuto visitato in carcere da senatori democratici: "Mentre incontravate terroristi e mafiosi, noi eravamo in aula a difendere il 41 bis". Apriti cielo: da Filippo Sensi a Stefano Patuanelli (che per protesta non vota) molti esponenti dell’opposizione tentano l’arrembaggio. I commessi li fermano quando hanno quasi raggiunto l’obiettivo: la vicepresidente Anna Rossomando (Pd), che presiede l’Aula in questo frangente, riesce a calmare gli animi in extremis con una doppia censura per Balboni, mentre il coro ’fascisti’ prosegue.
Gioco duro, gioco da duri. Dopo una notte passata a litigare per le parole di Gianni Berrino (FdI): "Le donne che fanno figli per poter rubare, non sono degne di farlo", i parlamentari di Pd, M5s e Avs battezzano la ripresa dei lavori alle 10.30 sedendosi sulla moquette rossa dell’emiciclo: le spalle rivolte al ministro per i rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, che sta nei banchi del governo, e al presidente del Senato, Ignazio La Russa. Alzano le mani, gridano vergogna, mostrano cartelli con su scritto ’arrestateci tutti’. La Russa prova a minimizzare: "Non è la prima volta che succede, alzate le mani in segno di resa? Bene". Poi sventola bandiera bianca: sospende la seduta, convoca una capigruppo dove il convitato di pietra è la legge sulla separazione delle carriere: l’opposizione spinge per uno slittamento a settembre, la maggioranza si oppone. Oggi ci sarà una nuova riunione, forse i tempi saranno meno stretti, ma entro giugno il ddl andrà in Aula.
Si vedrà. L’alzata di scudi ieri riguardava la legge più discussa partorita finora dal governo. Alcol sul fuoco sono le dichiarazioni di voto: "Mandate poliziotti e carabinieri in Albania e lasciate sprovviste di sicurezza le nostre strade", attacca Matteo Renzi. "Usate il pugno di ferro con il dissenso, con chi crede nella democrazia e siete proni ai grandi evasori", incalza Peppe De Cristofaro (Avs). Rinfocola la rissa la leghista Nicoletta Spelgatti che accusa l’opposizione di "teatro dell’assurdo". In questo clima il decreto sicurezza diventa legge. Fuori dal Palazzo la guerriglia verbale continua: "È un decreto repressione", dice Elly Schlein. "È un provvedimento strategico", rilancia il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi. "È un passo decisivo per rafforzare la tutela dei cittadini. Legalità e sicurezza sono pilastri della libertà", esulta Giorgia Meloni. Osserva il presidente dell’Anm, Cesare Parodi: "Siamo preoccupati per i metodi di approvazione del ddl".
Parte delle proteste è stata provocata proprio dal metodo: un ddl trasformato in decreto e convertito in legge a passo di carica a Palazzo Madama, poco più di 24 ore dopo l’approdo in commissione. Fretta che si spiega più che con l’ansia di giustizia della premier, con il bisogno di rabbonire una Lega imbufalita per il ritardo dell’Autonomia differenziata. Gioisce Matteo Salvini: "È bello sapere che ora ci sono più potere e tutele per le forze dell’ordine".
Al Quirinale non sfugge l’enormità della forzatura; sulla carta Sergio Mattarella potrebbe negare la firma e non promulgare la legge, ma è molto improbabile che lo faccia. Nel merito aveva avanzato rilievi che sono stati in buona parte accolti. Per quanto non gli piaccia, difficilmente potrà opporsi. La questione procedurale non è di sua competenza, ma dei presidenti della Camere. Come dire: Ezechiele Lupo a guardia dei tre porcellini. Game over? Non è detto: resta sempre la Consulta. E non è scontato che faccia passare indenni le nuove norme.