Venerdì 19 Aprile 2024

Sea Watch, perché l'Olanda non è obbligata a ricevere i migranti

Palazzo Chigi: la giurisdizione su tutta la vicenda appartiene ai Paesi Bassi "in quanto stato di bandiera della nave che ha effettuato il salvataggio in acque internazionali". Ma non è così

La Sea Watch (Ansa)

La Sea Watch (Ansa)

Roma, 29 gennaio 2019 - Può l'Olanda rifiutarsi di accogliere i migranti della Sea Watch 3? Ieri il governo italiano ha comunicato di essere pronto a organizzare dei "corridoi umanitari" per le 47 persone ferme a Siracusa ormai da quattro giorni, ma solo per consentire il loro trasferimento in Olanda. Nella nota di Palazzo Chigi viene spiegato che la giurisdizione su tutta la vicenda appartiene ai Paesi Bassi "in quanto stato di bandiera della nave che ha effettuato il salvataggio in acque internazionali". In termini più semplici, poiché le navi - come gli aeroplani - sono un'estensione territoriale dello Stato di bandiera, allora la nave "Sea Watch 3" battente bandiera olandese, è di fatto un pezzo di territorio olandese. Questo è vero in base al diritto internazionale del mare (Convenzione di Montego Bay del 1982, articoli 91 e ss.). E allora, stando così le cose, è come se i migranti fossero direttamente sbarcati in Olanda. Ma no, secondo l'Agi, non è così. Ecco perché.

I RICHIEDENTI ASILO DEVONO SBARCARE - Il Regolamento di Dublino prevede (art. 13) che, salvo eccezioni, se "il richiedente asilo ha varcato illegalmente, per via terrestre, marittima o aerea, in provenienza da un paese terzo, la frontiera di uno Stato membro" allora è quello Stato a essere "competente per l'esame della domanda di protezione internazionale". Salvo eccezioni. L'eccezione in questo caso è da ricercarsi nel "caso Hirsi". Una vicenda che ha visto l'Italia condannata dalla Corte europea dei diritti dell'uomo nel 2012, per la politica dei "respingimenti in mare" dei migranti voluta dall'ultimo governo Berlusconi, in particolare dall'ex ministro dell'Interno Roberto Maroni. Nella sentenza in corso il 3 maggio 2017 il Contrammiraglio Nicola Carlone della Guardia Costiera italiana aveva chiaramente spiegato che il Regolamento di "Dublino non è applicabile a bordo delle navi". Le procedure per l'esame della situazione di un migrante sono talmente complesse - aveva dichiarato Carlone - che non è pensabile vengano fatte a bordo di una nave. "Le procedure vanno fatte a terra, dopo aver sbarcato i migranti nel porto sicuro più vicino". Così il Contrammiraglio. E dunque, non potendo essere considerati "sicuri" la Libia, la Tunisia e gli altri Stati della costa africana del Mediterraneo, il "porto sicuro più vicino" è l'Italia. Che la nave battente bandiera olandese sia una Ong, e non ad esempio un mercantile, non è rilevante. 

ESEMPIO - Se un gruppo di migranti fosse salvato nel Mediterraneo da una nave battente bandiera australiana, non dovrebbe essere l'Australia a prendersene carico. Come chiarito dal caso Hirsi, non sarebbe infatti legittimo esaminare le domande di asilo a bordo della nave e inoltre non sarebbe legittimo trattenere delle persone su una nave per le settimane necessarie a compiere il percorso fino all'Australia. Dovrebbero, sempre tenendo in considerazione il caso Hirsi, essere sbarcati nel porto sicuro più vicino. Qui sarebbero poi esaminate le richieste di asilo. 

L'OLANDA NON E' RESPONSABILE DEI MIGRANTI SULLA SEA WATCH - Conclusione. L'Olanda, in quanto Paese di bandiera della Sea Watch 3, non ha nessun obbligo giuridico ad accogliere i migranti salvati in mare e a esaminarne le richieste di asilo. I migranti salvati nel Mediterraneo - da qualsiasi tipo di imbarcazione - devono essere accompagnati e sbarcati nel porto sicuro più vicino (per i barconi partiti dalla Libia spesso si tratta dell'Italia). Solo successivamente il Paese di sbarco sarà chiamato a esaminare le domande di asilo. Tutto ciò in base al diritto internazionale del mare, al diritto internazionale sui rifugiati e al Regolamento di Dublino.