Mercoledì 24 Aprile 2024

Pd, Delrio: "La scissione è una tragedia"

Il ministro: "Congresso vero, non una conta". E su Renzi: "Matteo è realista: leadership plurale, coalizione con sinistra e centro"

Il ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio, esce dalla Direzione Pd (Ansa)

Il ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio, esce dalla Direzione Pd (Ansa)

Bologna, 15 febbraio 2017 - MINISTRO Delrio, Bersani l’ha detto: la scissione c’è già. «In direzione la parola scissione non è stata evocata. Se vuole essere una provocazione come la mucca nel corridoio, vabbè, ma se non è un gioco di parole la questione è più seria, non si può giocare con la parola scissione».

Altrimenti? «Con la scissione il Pd non perde solo la sua unità, ma la sua forza di proposta. Come possiamo essere utili al Paese frammentandoci? Eppure in direzione Bersani lasciava intravedere un dialogo».

Ventiquattr’ore dopo no. «Scissione è una scelta tragica, butta all’aria gli sforzi di tante persone, è una responsabilità enorme che ci si prende sulle spalle».

La sinistra si sente all’angolo? «In questo partito nessuno è mai stato cacciato a differenza dei 5 stelle. La minoranza ha fatto i comitati per il no, è stata libera persino di fare campagna per il no. Ora su quali basi parla di scissione? Sul fatto che il congresso si debba fare in tre mesi anziché in uno? Di questo si può sempre discutere, ma non è il caso di spaventare i nostri militanti». 

Secondo Bersani la scissione con l’elettorato è nei fatti...  «È un’analisi uguale a chi dice che con il 41% preso dal sì abbiamo un partito del 41%. I ceti operai votano Lega dal 1980. C’è stato un periodo in cui il primo partito operaio era Forza Italia più che i Ds. Allora i nostri partiti andavano sciolti 20 anni fa. Non doveva nemmeno nascere il Pd, visto che già allora i partiti popolari storici avevano problemi di collegamento con certe classi sociali».

Il Pd a vocazione maggioritaria non ha più senso con la legge elettorale uscita dalla Consulta. «Renzi è molto realista, non pensa più a un partito iper maggioritario. Si rende conto che dobbiamo avere una leadership più plurale. Non difendiamo un minimo di governabilità perché siamo innamorati del Pd a vocazione maggioritaria, ma perché con la governabilità si risolvono i problemi». 

Allora perché Renzi insiste per cercare di ribadire la sua leadership con il congresso? «Il congresso serve ad avviare una discussione democratica sui contenuti e sul leader che li rappresenta. È un percorso che posso spiegare a un ragazzo di 18 anni. E poi Rossi e Cuperlo chiedono il congresso, Emiliano ha raccolto le firme per fare il congresso, Speranza fino a pochi giorni fa invocava il congresso. Ora si risponde che non va bene?».

Temono che possa portare a elezioni in giugno «Il Pd non ha dato scadenze al governo e ha espresso in Direzione la sua lealtà». 

Sorpreso dal ministro Orlando? «Pur non condividendo la sua proposta capisco la sua preoccupazione. Lui teme che il congresso si trasformi in una conta sulle persone e non sui contenuti. Ma evocare scenari apocalittici alimenta solo paure. I circoli hanno voglia di discutere: delle banche, della finanza, dei giovani, del lavoro..».

Il rischio è che domenica la sinistra diserti l’assemblea. «Non si può pensare di delegittimare le sedi dove il partito decide democraticamente. Non posso pensare che lo facciano amici che hanno fondato il Pd».

Rossi sostiene che senza sinistra diventate Macron. «No, il Pd è il Pd. Martina, Fassino, Delrio, D’Alema, Orlando, Bersani, Castagnetti, fanno il Pd. Se c’è chi esce di sua spontanea volontà come ha fatto Civati non è che il Pd diventa poi Macron».

Se si passa al premio di coalizione, con chi la fa il Pd la coalizione? Da Alfano a Pisapia? «Siccome non siamo più in una logica maggioritaria ma attenta alla rappresentatività, per non perdere la governabilità l’unica strada è fare una coalizione partendo dall’esperienza: noi ovunque governiamo con un pezzo di sinistra e un pezzo di centro. Chiamparino in Piemonte governa con i moderati di Portas. Bersani si presentò con Tabacci. Non ci si può alleare con una forza che non ha chiarito se stare a destra o sinistra ma i Popolari per l’Italia sono stati alleati fidati».

Lei sostiene che la Ue deve scorporare le spese per gli investimenti dal patto di stabilità, ma intanto Padoan come fa la manovra? «Il Pd deve fare in modo che la Ue continui con gli investimenti pubblici. E porre questa richiesta alla revisione del fiscal compact».

Ora non si toccano le accise? «La scelta di ridurre le tasse ha dato qualche frutto. Quella è la strada giusta». 

EMILIANO / "Io mi alleerei con Pisapia e guarderei ai voti M5S"

FOCUS Minoranza spiazzata, ultimo bivio. Piegarsi al congresso o lasciare il Pd - di ANTONELLA COPPARI

Pisapia scalda i progressisti: "Mai più al governo con la destra"

image