Martedì 10 Settembre 2024
ALESSANDRO D'AMATO
Politica

Scherzo telefonico alla Meloni. Come è stato possibile e di chi è la colpa? Nel mirino Francesco Talò

Le opposizioni chiedono le dimissioni di chi ha reso possibile che un comico parlasse con la premier spacciandosi per il presidente della Commissione dell’Unione Africana

Roma, 2 novembre 2023 – Il telefono squilla a vuoto nell’ufficio del consigliere diplomatico di Palazzo Chigi. Nelle agenzie è appena stata battuta la nota con cui si esprime "rammarico" per essere stati "tratti in inganno" da un impostore che è stato messo in contatto con la premier Giorgia Meloni, in quello che è stato ribattezzato dai media comescherzo telefonico alla premier. Ma senza rispondere alla domanda delle domande: come è potuto succedere? Come è possibile che qualcuno possa spacciarsi per il presidente della Commissione dell’Unione Africana (il cui attuale responsabile è Moussa Faki dal Ciad)? E che pur parlando un inglese con un forte accento russo nessuno abbia qualcosa da ridire?

Il consigliere diplomatico di Giorgia Meloni, l’ambasciatore Francesco Maria Talò
Il consigliere diplomatico di Giorgia Meloni, l’ambasciatore Francesco Maria Talò

In questi casi la prassi prevede che gli incontri vengano lungamente concordati, preparati e gestiti dall’ufficio del consigliere diplomatico. Lo staff assiste per poi realizzare un report che fa circolare per i canali di informazione interni. Insomma, non è così semplice alzare il telefono e chiamare la premier. Si devono prima sorpassare alcuni paletti, che devono (o dovrebbero) effettuare controlli di sicurezza stringenti. Evidentemente stavolta non è andata così.

E mentre qualcuno vede nelle domande sull’Ucraina una strategia russa per indebolire l’Unione Europea e Kiev, il Movimento 5 Stelle preannuncia un’interrogazione e il suo presidente Giuseppe Conte parla di "fatti molto gravi" emersi nei 13 minuti di colloquio: "Meloni ammette di non avere ancora trovato il coraggio di portare ai tavoli che contano una posizione diversa dell’Italia, che offra finalmente una soluzione negoziata. Questa codardìa la pagano tutti".

Anche nel Pd non ci vanno piano, ma nel mirino non c’è tanto la Meloni per le sue parole. C’è lo staff di Palazzo Chigi. L’ex ministro del Lavoro Andrea Orlando parla di staff bucato. Il deputato Enzo Amendola linka su Twitter una clip video del film “Totòtruffa62”, in cui Totò si finge ambasciatore del Katonga: "Mi sembrava di averla già sentita questa storia". E la segretaria Elly Schlein in serata definisce l’episodio "sconcertante".

Matteo Renzi si chiede "come sia possibile raggiungere un livello di superficialità così devastante che fa fare una figuraccia non solo alla Meloni ma alla Repubblica italiana. Basta dilettanti". Ed Enrico Borghi, capogruppo al Senato per IV, chiede le dimissioni dei responsabili.

A finire nel mirino e a rischiare il posto a questo punto, secondo fonti beninformate, è il consigliere diplomatico di Giorgia Meloni, l’ambasciatore Francesco Maria Talò. Considerato un fervente atlantista, con l’ultimo incarico alla Nato, prima di approdare a Palazzo Chigi, è stato ambasciatore in Israele, console a New York e coordinatore della cybersicurezza alla Farnesina. A Palazzo Chigi era già stato come aggiunto tra 2005 e 2006. Prima ancora un’esperienza con l’ambasciatore Castellaneta tra 2002 e 2005. Era invece proprio nella Grande Mela l’11 settembre 2001. E oggi ricorda quella tragedia portando con sé in ogni ufficio una bandiera degli Stati Uniti. Talò alla fine di ottobre era a Malta, prima ancora aveva tenuto il discorso di apertura alla conferenza sulla sicurezza di Nairobi.

La telefonata fake risale al 18 settembre scorso. Quel giorno Meloni ha presieduto il consiglio dei ministri fino alle 14.20 e poi ha preparato i colloqui con leader africani che si sono poi svolti a margine dell’Assemblea Generale dell’Onu tra il 19 e il 21. Oggi, fanno sapere fonti di Palazzo Chigi, ha ribadito le posizioni del governo. Se era una trappola, è il ragionamento, la premier non ci è caduta. Il che non toglie che chi ha gestito in Italia il colloquio non esce per niente bene dalla figuraccia. E non a caso alla Farnesina c’è un grave imbarazzo.