Giovedì 25 Aprile 2024

Sarà crisi? Cercate la chat. Sospetti e messaggini perduti

I giorni caldi del governo, tra sms e chiamate raccontate e poi negate. Le coalizioni del terzo millennio ormai si reggono sui gruppi Whatsapp

Messaggini, telefonate o sms che siano, il garbuglio è notevole: si rischia la vita di un governo. Ci riferiamo alle richieste di defenestrazione che il premier Draghi avrebbe rivolto a Grillo e rivelate da Domenico De Masi, il sociologo amico dell’Elevato. Richieste vere o chiacchiere? Draghi smentisce, De Masi no, Grillo così e così, Conte è furibondo. Ma, al di là della vicenda è il dato di fondo che colpisce. E cioè che la politica nostrana passa spesso dalle chat. Messaggi inviati e poi eliminati; foto che vengono inoltrate, salvo la sera pentirsene o smentire; leader e peones che archiviano i messaggi in attesa di potersene servire. Insomma, nei Palazzi del Potere è chat-mania. Per un oggettivo dato di fatto (tutti usiamo esageratamente i cellulari), perché è più “facile“. ma anche più pericoloso perché, qui “l’antico“ ci viene in soccorso, “verba volant, scripta manent“. Quante volte abbiano sentito il politico di turno dire: "Ho i messaggini sul mio telefonino che confermano quanto mi hanno detto?". Il problema è che nel caso Draghi-Conte ci sono solo parole e lo “scritto“ ancora non è uscito.

Il sociologo Domenico De Masi, classe 1938, dopo l’incontro con Beppe Grillo
Il sociologo Domenico De Masi, classe 1938, dopo l’incontro con Beppe Grillo

Il premier ha smentito. Una smentita che non ha convinto appieno molti osservatori: "I messaggi ho chiesto di vederli, io non li trovo". E che, più che altro, non ha convinto Conte: "Ne parliamo lunedì pomeriggio". Prima, Conte si era detto "sconcertato": "Grillo mi aveva detto. Trovo semplicemente grave che un premier tecnico si intrometta nella vita di forze politiche che peraltro lo sostengono".

In attesa di un lunedì che in parecchi si augurano di pacificazione (ma tra Draghi e Conte c’entra anche una scarsa empatia umana) nel Palazzo le bocche sono, come si dice, più che cucite. Letta, leader dem, ha ordinato ai suoi, pacatamente ma fermamente, di non proferir parola sull’argomento. E i suoi obbediscono. A sinistra c’è chi come Arturo Scotto, coordinatore di LeU la butta sul ridere: "Faccio fatica a pensare che una crisi di governo parta da uno scambio di sms. Quello poteva accadere dieci anni fa. Ormai si lavora su Whatsapp, se non addirittura su Telegram".

Chi invece si indigna è l’ex senatrice di Carrara del M5s Sara Paglini: "Una cosa inconcepibile. Da saltare sulla sedia. De Masi reinterpellato, non ha smentito la sua dichiarazione, anzi ha aggiunto particolari, che in altri Paesi, avrebbero portato il premier a dimissioni immediate. Qualcuno avrebbe dovuto dire forte e chiaro “non è vero, non ho chiesto la testa di nessuno!” e invece...E questo non vale solo perché Conte è il presidente del M5s. Ve l’immaginate se fosse successo con qualsiasi altra forza politica? Con Letta, con Giorgia Meloni o Salvini? Loro dobbiamo ritenerli ”adatti” o ”inadatti”? E soprattutto a cosa? Com’è potuta accadere una cosa del genere? Bisogna tornare a scandalizzarsi...".

E mentre l’ex per eccellenza Luigi Di Maio si frega le mani definendo la vicenda "surreale", Francesco Berti, deputato grilllino livornese, ci va giù duro: "A chi giova scatenare questo scandalo, basato su voci di corridoio, in un momento in cui l’Italia ha bisogno di essere rappresentata fortemente ai tavoli Nato?".

Toti indica la (terza) via. "Costruiamo un polo liberale, ma vedo troppi personalismi"