Mercoledì 24 Aprile 2024

Centrodestra, Salvini spinge per la federazione. Ma mezza Forza Italia fa muro

Il leader della Lega oggi da Draghi per illustrare la sua proposta: "L’intesa con gli azzurri rafforza il governo"

Matteo Salvibi e Silvio Berlusconi (Ansa)

Matteo Salvibi e Silvio Berlusconi (Ansa)

La federazione si farà. Salvini ne è così convinto, da annunciare che oggi illustrerà il progetto a Draghi a Palazzo Chigi, assicurando che rafforzerà il governo. Ma su cosa sarà, la nebbia è ancora fitta. Un po’ perché le resistenze all’interno di Forza Italia sono notevoli, un po’ forse perché neppure l’obiettivo della Lega è delineato nei particolari: "Non parlo di fusioni o di annessioni – avverte il capo del Carroccio –, ma di una collaborazione già da domani". Nel partito azzurro le pressioni si esercitano essenzialmente al telefono: le linee con Arcore sono sovraccariche. Non c’è dirigente spaventato dallo spettro dell’unificazione o anche solo preoccupato per un abbraccio federativo troppo stretto che non faccia la sua brava chiamata al leader per convincerlo a ripensarci o almeno a frenare.

Il Cavaliere ascolta tutti: oggi sentirà i coordinatori regionali, domani riunirà l’ufficio di presidenza, mentre nelle prossime ore si vedranno i gruppi parlamentari. L’ex premier è attento a non scontentare nessuno, a partire da Salvini (cui non dispiacerebbe presentare liste uniche già alle prossime amministrative) tanto che tra i fedelissimi c’è chi ipotizza possa tirare fuori un coniglio dal cilindro.

A grattare sotto la superficie, le resistenze nel partito azzurro sono di due tipi: c’è chi come le ministre Gelmini, Carfagna e il fido Giacomoni – avendo capito che Berlusconi non rinuncerà al progetto – vorrebbe ridurlo ai minimi termini. Giusto un patto di consultazione ("su grandi temi come giustizia, fisco e pubblica amministrazione", spiega Giacomoni) per non presentarsi con posizioni divaricate ai vertici di maggioranza e alle conferenze dei capigruppo, dove Pd e 5stelle spesso parlano la stessa lingua. Sarebbe il minimo indispensabile: poco per parlare di federazione, dicono nel giro stretto di Arcore. I gruppi unitari sembrano al contrario un passo troppo lungo: l’anticamera della unificazione. Tanto che lo stesso Salvini avverte: "Continuiamo a restare divisi in Parlamento".

La vasta gamma di tonalità tra queste due estreme è la posta in gioco per il fronte antifederalista. Ma c’è un altro tipo di resistenza, più contrattuale, incarnata dal portavoce azzurro Tajani: avendo ora più bisogno Salvini che Berlusconi della federazione, fargli pagare un prezzo salato ottenendo la piena parità o quasi nella struttura che verrà. Anche nella Lega, dove di resistenze non se ne contano, probabilmente esistono visioni diverse. Fino a un certo punto, Giancarlo Giorgetti espone una linea comune: "Se fosse solo un cartello elettorale non avrebbe molto senso. In politica non sempre 2 più 2 fa 4. Io penso che sia l’inizio di un ragionamento che porterà diverse forze politiche a muoversi coerentemente su vari temi". Si tratta di dar vita a una soggettività che, pur multipla, si muove all’unisono moltiplicando la forza di pressione ma anche il peso specifico nei confronti dei rivali interni di Fd’I, benché Giorgia Meloni smorzi: "Non è un’operazione contro di me". Poi però Giorgetti ipotizza un passo in più: "Se si va verso la semplificazione del messaggio in Italia e in Europa penso sia un bene per tutti". Divisi sì, ma riunificati a Bruxelles sotto la bandiera comune del Ppe.

Che Salvini voglia spingersi tanto con un balzo che siglerebbe la definitiva trasformazione della Lega in partito moderato è dubbio, né è certo che l’ipotesi farebbe piacere a tutta FI. Solo che se si arrivasse davvero a un ingresso della Lega nel partito popolare europeo evitare poi l’unificazione anche in Italia sarebbe difficile.