Venerdì 19 Aprile 2024

Salvini-Di Maio, crepe fra alleati. Il grillino: parlare meno e lavorare

Dai migranti all'Europa, la rincorsa per la leadership di governo IL COMMENTO Troppa carne al fuoco - di G.CANE'

Matteo Salvini e Luigi Di Maio (Ansa)

Matteo Salvini e Luigi Di Maio (Ansa)

Roma, 23 giugno 2018 - Sbarchi, immigrati, taglio delle tasse, scorta a Saviano, sanzioni alla Russia, posizione rispetto all’Ue e, ultimo, il caso vaccini. Da quando il governo Conte è nato, è un continuo rincorrersi sul piano degli annunci politici. Salvini contro Di Maio. E Di Maio contro Salvini. I due vicepremier del governo giallo-verde sono diversi per indole, carattere, piglio. In campagna elettorale se le erano date di santa ragione. "È un democristiano", diceva sprezzante il leghista del capo 5 Stelle. "Si è piegato a Berlusconi", accusava Di Maio, fino all’acme: "Sono inaffidabili, non è pensabile farci un’alleanza di governo".

IL COMMENTO Troppa carne al fuoco - di G.CANE'

Poi, come si sa, l’alleanza di governo è stata fatta, con tanto di corposo documento, il famoso ‘contratto’. E i due, dopo aver trovato la figura terza per reggere le redini del governo (il professor Conte), si sono pure nominati vicepremier. Il giorno del giuramento al Quirinale Salvini e Di Maio sorridevano e parlottavano come due giovani amici che hanno appena superato l’esame di maturità. Invece, tempo una settimana, Salvini inizia a rubare la scena a tutti, premier e vicepremier. Il capo del Viminale parla di migranti, è la sua competenza, ma lo fa ‘alla Salvini’: con toni rudi, urticanti, politicamente scorretti. Di Maio prima abbozza, poi mostra insofferenza. Sia perché l’ala ortodossa dei 5 Stelle – capeggiata dal presidente della Camera, Roberto Fico – morde il freno, sia perché il protagonismo del leghista gli piace sempre meno. La linea del ‘frontale’ contro tutti, o quasi, i Paesi della Ue lo convince poco e lo fa capire.

"Non possiamo far chiudere tutti i porti", fa trapelare. È scettico pure sul veto italiano alle sanzioni alla Russia, in sede Ue. Poi arrivano altre avvisaglie. Salvini propone lo stop al tetto sul contante e Di Maio gli ribatte che "non è nel programma". I due si rubano anche la scena a vicenda: il primo va dalla Confesercenti, il secondo a Confcommercio. Infine, scoppia il caso Saviano. Salvini va giù duro contro lo scrittore e annuncia che gli toglierà la scorta; Saviano risponde ancora più duro chiedendo "che fine hanno fatto i 50 milioni della maxi truffa dei rimborsi elettorali che la Lega ha fatto alla Repubblica italiana". Di Maio tace sul punto, ma l’altra notte sbotta: "Ci dobbiamo concentrare sulle cose che sono nel contratto. Su tutto il resto, ognuno dica quello che vuole, ma nel tempo libero. Nel tempo del lavoro, che deve interessare gran parte della nostra giornata, ognuno raggiunga il proprio obiettivo".

La stoccata a Salvini è pesante. E così, mentre Di Maio precisa (e rincula) sul reddito di cittadinanza, spiegando che per ottenerlo "bisogna lavorare almeno otto ore gratis a settimana" – forse perché il ministro dell’Economia, Tria, ha già stretto i cordoni della borsa – la "strana coppia" Di Maio-Salvini è in crisi. Forse non scoppierà e faranno la pace, come fecero anche i protagonisti del film, Walter Matthau e Jack Lemmon, ma di certo è a forte rischio convivenza. Anche per il terzo incomodo, il premier Conte.