Giovedì 18 Aprile 2024

La Raggi si autopremia. A spese nostre

Roma è invasa da cinghiali e rifiuti ma la sindaca sta per distribuire 36 milioni di premi ai dirigenti. L'ultimo paradosso di un'esperienza politica ormai fallita

Cinghiali tra i rifiuti a Roma

Cinghiali tra i rifiuti a Roma

Era la città della lupa, è diventata quella del cinghiale o del talpone, a seconda che a Roma si giunga in macchina, e quindi i primi quadrupedi si vedano scorrazzare passato il raccordo anulare, o si arrivi in treno, ed ecco che i primi topoloni sgambettino furtivi appena fuori Termini. Eppure per Virginia Raggi, la sindaca grillina eletta cinque anni fa col 65 per cento e adesso stabilmente in quarta posizione nei sondaggi, tutto va bene. Anzi benissimo. Anche nell’ultima relazione sulla performance dell’attività degli uffici della Raggi stilata dallo stesso comune di Roma, l’amministrazione capitolina ha completato il 94 per cento degli obiettivi che si era prefissata. In certi casi addirittura il cento per cento, come per esempio è accaduto in uno dei settori maggiormente finito sotto le critiche dei media, quello della raccolta dei rifiuti. E siccome i suoi dirigenti sono così bravi, la Raggi si appresta a distribuire i premi conseguenti: ben 36 milioni di euro. Avete letto bene, 36 milioni.  Roma è l’unica grande città al mondo dove se prende fuoco un autobus tutti pensano al sindaco e non all’Isis, dove i rifiuti vengono raccolti solo quando i sacchi della spazzatura intralciano il passaggio e il disordine amministrativo ha raggiunto livelli incompatibili con il vivere civile. Eppure la sindaca alla ricerca di un’ormai impossibile riconferma allarga i cordoni della borsa e con la spesa pubblica cerca di accaparrarsi le ultime simpatie rimaste disponibili. Un controsenso che però non stupisce, e racconta tutto il fallimento dell’esperienza cinquestelle. Dilettanti allo sbaraglio andati al potere quasi per caso e che una volta seduti sulla poltrona hanno dimostrato sulla pelle del Paese quanto fossero false tutte le promesse fatte: che uno non vale uno, che la politica è un mestiere che non si improvvisa, che stavano due mandati e poi tornavano al mestiere di prima (la Raggi è al terzo mandato). Ma finché lo dicevano, finiva lì. Il problema è che adesso paghiamo noi.