Giovedì 18 Aprile 2024

Incendi, rifiuti, cinghiali, autobus che non vanno: Roma e i suoi mali incurabili

Il vero problema della Capitale è il patto (al ribasso) tra sottopolitica e sottogoverno, che a sua volta ha dato origine a un mostro burocratico tanto vasto quanto inafferrabile. E di fronte al quale il sindaco di turno si sente impotente

Roma, 11 luglio 2022 - Roma è l’unica grande capitale occidentale in cui quando vedi un autobus bruciare o una colonna di fumo che si alza in centro non pensi all’Isis ma al sindaco. L’unica grande capitale, occidentale e non solo, ad aver imboccato negli ultimi venti anni una marcia indietro in termini di decoro urbano, gestione del bene pubblico, cura della città. Era la città della lupa, è diventata quella del cinghiale, o del topo.

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Certo, Roma è sempre stata un caos organizzato, ha sempre avuto quell’aria sciatta di metropoli popolare e colta insieme, centro di un mondo che pagava all’antico il prezzo della modernità, quel meraviglioso insieme colori e squarci che faceva dire a Flaiano "Roma è l’unica capitale orientale senza un quartiere occidentale", ma era anche la città della 'Dolce vita', della 'Grande bellezza', quella che nell’ultimo giubileo (sindaco Rutelli) realizzò un miracolo di innovazioni (dal tunnel vicino al Vaticano in avanti).

La scena dell'incendio divampato il 9 luglio a Centocelle (Ansa)
La scena dell'incendio divampato il 9 luglio a Centocelle (Ansa)

Ora tutto questo è perduto, e l’inutile avvicendarsi in Campidoglio di sindaci di diversa estrazione fa nascere il dubbio che siamo oltre il punto di non ritorno, che insomma, come dicono i romani, "chi ce va’ ce va’" e alla fine le cose non possano cambiare, e se anche nascesse un superamministratore con la testa di Churchill, il pugno di ferro della Thatcher, la visione di De Gaulle finirebbe lo stesso per schiantarsi su autobus che non vanno, scale mobili che si bloccano per mesi, cinghiali che scorrazzano, tonnellate di rifiuti ai bordi delle strade, anche del centro storico.

I problemi di Roma sono complessi, come spesso accade per le grandi città, e sono frutto del mancato governo negli ultimi venti-trent’anni, miscela esplosiva di un patto al ribasso tra politica (tutta, di destra, di sinistra e di centro), anzi, sottopolitica, sindacati (tutti anche qui), anzi, sottosindacati, affaristi, camorristi, che a sua volta ha dato origine a un mostro burocratico tanto vasto quanto inafferrabile, e forse irriformabile. Ora Gualtieri e prima di lui la Raggi adombrano il complotto (la Raggi secondo la narrazione grillina ce l’aveva con gli immancabili "poteri forti", Gualtieri più sobriamente con gli affaristi senza scrupoli e forse la criminalità organizzata), la realtà è che Roma paga il disastro di una macchina amministrativa che è stata lasciata (colpevolmente e volutamente) senza controllo.

Roma ha oltre 50mila dipendenti (tra diretti e municipalizzate), con tassi di produttività bassissimi, contratti integrativi pieni di privilegi e salvacondotti ottenuti da anni e anni di compromessi al ribasso tra politica locale, sindacati locali, piccoli potentati di categoria. Emblematici di questo andazzo sono gli extra riconosciuti ai vigili per "l’indennità di strada", cioè la disponibilità del singolo a prestare servizio in strada (come se un infermiere avesse un extra se è disponibile a fare un’iniezione...), o a chi realizza un basso numero di assenze per malattia (cioè ti pago in più se vieni al lavoro).

All’opposto i tassi di assenteismo sono altissimi, e non parliamo solo di quello spot, una volta ogni tanto, di chi marca visita il 31 dicembre, ma quello sistematico, scientifico, permanente. Nei giorni scorsi, nella sua battaglia sui rifiuti, Roberto Gualtieri ha scoperto che migliaia di spazzini romani erano esentati, anche qui, dal prestare servizio in strada per motivi di salute; ha ordinato accurate visite mediche e in un baleno centinaia di loro sono guariti. Facile, no?

Ecco, il problema di Roma è questo, e va oltre i rifiuti (adesso si parla di pattume, ma non è che i trasporti urbani vadano meglio, i giardini, peraltro bellissimi, siano puliti, la scale mobili delle metro funzionino o i campi rom siano gestiti con un minimo di decenza). Il problema che è il patto scellerato del malaffare (politico) all’origine del disastro è, paradossalmente ben peggio dell’azione di singolo 'cattivo', fosse anche un camorrista che appicca incendi per ricattare il sindaco. Se è un camorrista a ricattare il sindaco, alla fine il più delle volte lo si scova e lo si riconduce nei binari della legge (è stato catturato Totò Riina, contro i malavitosi alla fine lo Stato vince), il problema è quando il sindaco - il sindaco in generale, non Roberto Gualtieri che è persona perbene - è ricattato dal consenso, dai voti che stanno dietro al patto chiuso che tiene insieme un’amministrazione e il mostro burocratico che la sorregge. Ecco, a quelli, un sindaco fa più fatica a rinunciare.