Intercettazioni, via libera alla riforma. Cosa prevede

In vigore tra 6 mesi. Orlando: "Saranno usate contro crimine non per fare pettegolezzi". Anm: "Si poteva fare meglio". Di Maio: "Decreto salvapolitici"

Il ministro della Giustizia Andrea Orlando (LaPresse)

Il ministro della Giustizia Andrea Orlando (LaPresse)

Roma, 29 dicembre 2017 - È fatta. Il Consiglio dei Ministri ha dato il via libera definitivo alla riforma sulle intercettazioni, già approvata dal Governo durante la seduta dello scorso 2 novembre. Entrerà in vigore dopo sei mesi dalla sua pubblicazione, prevista per gennaio. L'intento è quello di raggiungere un maggiore equilibrio fra rispetto delle esigenze investigative, tutela della privacy e diritto all'informazione. Il decreto legislativo oggi approvato rivede infatti le disposizioni in materia confermando il ruolo delle intercettazioni come strumento fondamentale per le indagini ma disciplinando il procedimento e le responsabilità della selezione delle stesse, con l'intento di impedire la divulgazione di fatti e riferimenti a persone estranee all'attività investigativa. Il provvedimento introduce nel codice penale il delitto di "diffusione di riprese e registrazioni di comunicazioni fraudolente" (fatte salve quelle realizzate per esercizio del diritto di difesa o del diritto di cronaca) e dispone il divieto di trascrizione, anche sommaria, delle comunicazioni o conversazioni ritenute irrilevanti ai fini delle indagini. 

Queste non sono però le uniche novità apportate dalla riforma. La disciplina del deposito degli atti viene rivista secondo una procedura in due fasi: al deposito delle conversazioni e delle comunicazioni segue l'acquisizione esclusiva di quelle rilevanti e utilizzabili, con la separazione e custodia nell'archivio riservato di quelle non ritenute tali. Questa valutazione delle esigenze investigative è rimessa al pubblico ministero che diviene così custode dell'archivio e garantisce sulla riservatezza della documentazione, escludendo, fin dalla conclusione delle indagini, qualsiasi riferimento a persone e fatti estranei alla vicenda oggetto di investigazione. Viene rivisto inoltre l'uso dei captatori informatici nei dispositivi elettronici portatili (trojan horse), si semplifica l'uso di intercettazioni nei procedimenti riguardanti i reati più gravi dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione e viene rafforzata la tutela della riservatezza nelle comunicazioni tra avvocato difensore e assistito. 

LE REAZIONI - Soddisfatto il ministro della giustizia Andrea Orlando. D'ora in avanti "abbiamo un Paese che utilizza le intercettazioni per contrastare la criminalità e non per alimentare i pettegolezzi o distruggere la reputazione di qualcuno", ha detto, sottolineando come il provvedimento "senza restringere, ma anzi autorizzando ad intercettare in un modo più agevole, impone una serie di vincoli e divieti che impediscono di usarle come strumento di diffusione di notizie improprie". 

Ma non mancano le voci critiche. L'Anm non boccia la riforma, ma, spiega il presidente Eugenio Albamonte, "si poteva fare meglio. "Lo strapotere della polizia giudiziaria, la vicenda dei trojan e i tempi troppo lunghi per l'entrata in vigore della possibilità per i giornalisti di ottenere e pubblicare l'ordinanza di custodia cautelare sono i punti negativi della riforma", chiarisce. Dura Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, che sul blog "Articolo 21" scrive: "La riforma bavaglio alla pubblicazione delle intercettazioni è stata finalmente approvata. Oggi ci sarà il decreto finale del Consiglio dei Ministri. In questo Paese non si è trovato il tempo per dare la cittadinanza a tutti coloro che sono nati nella nostra terra e che si sentono a tutti gli effetti italiani ma si è trovato il modo di fare una riforma sulle intercettazioni che nemmeno tutti i precedenti governi del centro destra avrebbero potuto sognare".  Ancora: "Intercettazioni la cui esistenza potrà essere sconosciuta persino ai magistrati procedenti. Per i normali cittadini che non potranno disporre di fiumi di danaro per la loro difesa non vi sarà speranza alcuna. L'importante comunque era porre un freno alla loro pubblicazione. Sopratutto nella campagna elettorale oramai da tempo aperta". 

Per il candidato premier dei Cinque Stelle, Luigi Di Maiao, il decreto "è un modo per salvare una classe politica dai vari processi". E ancora: "Non c'era riuscito Berlusconi, c'è riuscito il centrosinistra facendo un favore a Berlusconi. Quindi, chi vota Pd o Forza Italia vota la stessa cosa, la stessa idea di Paese".