Giustizia, stop alla riforma Cartabia: ergastolo senza sconti e stretta sui permessi

Domani in Consiglio dei ministri il rinvio della legge. Solo i detenuti che collaborano avranno agevolazioni e sconti

Il Governo Meloni parte dalla Giustizia. Al centro del primo decreto legge del nuovo Esecutivo, oltre al rinvio dell’entrata in vigore della riforma Cartabia, vi è il tema dell’ergastolo ostativo e del divieto di concessione dei benefìci penitenziari nei confronti dei detenuti o internati che non collaborano con la giustizia. Gli uffici legislativi sono al lavoro sul testo del provvedimento che è atteso domani sul tavolo della riunione preparatoria del Consiglio dei ministri. Si tratta – spiegano da Palazzo Chigi – di "un provvedimento prioritario e diventato urgente alla luce dell’udienza della Corte Costituzionale fissata per l’8 novembre 2022. Una corsa contro il tempo – è il ragionamento del governo – per garantire sicurezza sociale e impedire che ai detenuti mafiosi possano aprirsi le porte del carcere pur in costanza del vincolo associativo". Tuttavia la linea dura sbandierata da Meloni quand’era all’opposizione sembra essere scesa a compromessi con la realtà e, soprattutto, con la posizione del ministro della Giustizia Carlo Nordio che ha definito l’ergastolo ostativo "un’eresia contraria alla Costituzione".

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Il testo in esame – sottolinea Palazzo Chigi – ricalca, infatti, il disegno di legge numero 2574 già approvato nella passata legislatura dalla Camera dei Deputati. Un provvedimento che era stato definito da Fratelli d’Italia "troppo permissivo" – in quanto permette l’accesso ai benefici penitenziari al condannato che abbia dimostrato una condotta risarcitoria e la cessazione dei suoi collegamenti con la criminalità organizzata – ma l’unico attualmente in grado di adempiere nei tempi previsti al monito della Corte Costituzionale.

"La Corte, seguendo la stessa procedura che aveva adottato, ad esempio, per l’aiuto al suicidio e per i reati in materia di stampa, – spiega Giancarlo Coraggio, magistrato già presidente della Corte Costituzionale e del Consiglio di Stato – ha ritenuto che fosse indispensabile l’intervento del Parlamento. La Corte aveva stabilito con un’ordinanza che vi è una situazione di incostituzionalità dell’ergastolo ostativo laddove prevede che in mancanza di collaborazione non sia possibile alcun beneficio. Questo è in contrasto con la nostra Costituzione, in particolare con l’articolo 27 che – imponendo che la pena sia diretta alla rieducazione del condannato – presuppone che una volta che la rieducazione sia intervenuta la detenzione abbia fine. È inoltre in contrasto con l’articolo tre della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo".

L’intervento di una riorganizzazione dell’intera materia che spetta, ha chiarito però il costituzionalista, in prima battuta al legislatore. "La Corte ha fissato anche dei paletti: ha chiesto – e questo, spiega Coraggio, è un punto fondamentale – che ‘per l’accesso alla liberazione condizionale dell’ergastolano non collaboratore nei delitti legati alla criminalità organizzata e per la valutazione del suo sicuro ravvedimento sarà necessaria l’acquisizione di altri congrui e specifici elementi tali da escludere l’attualità dei suoi collegamenti con la criminalità organizzata, sia il rischio del suo futuro ripristino’".

Non basta però, di per sé, "il rifiuto di collaborare a escludere la possibilità di concessione del beneficio". Anche se, dall’altra parte, "la concessione del beneficio richiede da parte del giudice di merito la valutazione di elementi che escludano la pericolosità del condannato. E in questi termini dovrebbe intervenire il legislatore. È auspicabile – ha concluso Coraggio – che il legislatore intervenga prima della nuova udienza fissata dalla Corte. Rimane il fatto che alla fine dell’ordinanza la stessa Corte precisa che si riserva la valutazione della costituzionalità della nuova normativa".

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