Referendum, Renzi si dimette. Il discorso tra delusione e commozione

Il premier ammette la sconfitta: "La reponsabilità è mia"

Roma, 5 dicembre 2016 - Una sconfitta netta. L'Italia si è espressa sul referendum e ha scelto di bocciare la riforma costituzionale del premier Matteo Renzi. Un trionfo del No che travolge il presidente del consiglio, costretto ad annunciare le dimissioni a spoglio ancora in corso. Il premier si è presentato a Palazzo Chigi poco dopo la mezzanotte per commentare alla stampa l'esito del voto e annunciare il suo passo indietro. Un discorso in cui traspare la delusione ma anche la commozione, soprattutto quando il premier fa riferimento alla sua famiglia, ringrazia la moglie Agnese, i figli, oltre che tutto il fronte del Sì. "Io non sono come gli altri politici, ammetto la sconfitta. La responsabilità è mia", dice il presidente del consiglio.

Financial Times
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Renzi sottolinea come il voto del 4 dicembre sia stato una grande prova di democrazia, "il popolo italiano si è espresso in maniera inequivocabile", dice. Non ci si aspettava una sconfitta di queste proporzioni. Ad essere sotto choc non è solo il Pd che si interrogherà martedì nella direzione. "E' normale che ci sia rabbia e delusione", premette Renzi, "ma vado via senza rimorsi, l'esperienza del mio governo finisce qui". Una affermazione di resa "ma arriverà anche il giorno della vittoria". "Non sono un robot", spiega il presidente del Consiglio mentre fuori palazzo Chigi si raduna una piccola folla di manifestanti (la maggior parte sventola bandiere dell'Usb) per chiedere le elezioni al più presto, al pari di Salvini e Meloni. "Domani (oggi, ndr) riunisco il Cdm poi vado dal Capo dello Stato per dimettermi", è l'annuncio, "saluterò il mio successore, chiunque sarà".

LA SCONFITTA DI RENZI SUI GIORNALI DEL MONDO

Renzi fornisce garanzie sull'iter della legge di bilancio e sui provvedimenti del post-sisma, ma sulla legge elettorale - la partita più importante che si apre adesso - rimanda al fronte del No "proposte serie e credibili, tocca a loro oneri e onori". Uno smarcamento dettato dalla volontà di non apporre la propria firma su una legge proporzionale e sulla volontà di logorare i vincitori. "Volevo tagliare le poltrone, ma a saltare è stata proprio la mia", taglia corto il presidente del Consiglio.