Mercoledì 24 Aprile 2024

Renzi: "No alle primarie con Grasso e Mdp"

Le ipotesi dopo il deludente voto in Sicilia. Intanto Pisapia vede il presidente del Senato

Matteo Renzi e Pietro Grasso (Imagoeconomica)

Matteo Renzi e Pietro Grasso (Imagoeconomica)

Roma, 7 novembre 2017 - «L’ipotesi di primarie di coalizione con Mdp e con Grasso per me non esiste. E’ una discussione surreale. Anche nel centrodestra non ci sarà nessun candidato premier». Matteo Renzi si sfoga con i suoi dopo una lunga giornata passata a compulsare i voti che arrivano dalla Sicilia. Il tonfo non è stato «epocale» come qualcuno, anche nel Pd, aveva detto – e sperato – l’altra notte. Il Pd raccoglie il 13,2% dei voti che, in seggi, saranno pari, circa, ai 17 seggi (13,4%) presi dal Pd di Bersani quando si votò 5 anni fa. Dunque, la linea resta la stessa: il candidato premier si deciderà dopo le elezioni e non prima. Il problema è un altro. Renzi è furibondo con gli spifferi che lo vogliono pronto a confrontarsi, in primarie di coalizione, con Mdp: «Quelli ci odiano, che senso ha? E per fare cosa? Abiurare tutto?!». 

Insomma, la risposta è un «no», secco e rotondo, all’ipotesi di primarie di coalizione se, dentro il centrosinistra, ci fosse pure Mdp. Diverso, ovviamente, sarebbe il caso se, a chiedere le primarie, fossero i centristi (Casini-Dellai e «quel che resta» di Alfano e Ap) o i Progressisti di Pisapia-Bonino. Ma anche su questo punto le ipotesi, al Nazareno, divergono. Lorenzo Guerini, pontiere per natura, media fino all’esasperazione: «Io sono per fare un accordo, programmatico e politico, con tutti, centristi e sinistra, altrimenti dovremo fare l’intera campagna elettorale in nome del voto utile». Invece, i renziani ortodossi (vedi alla voce: Orfini) non ci sentono: «Matteo è il leader, punto». Renzi si tiene in posizione mediana: «Sono pronto da domani ad aprire il confronto con i possibili alleati. Io la mia leadership non la voglio imporre a nessuno».

Sicumera? In realtà, Renzi non teme che, in Direzione, già convocata per il 13 novembre, Orlando e Franceschini – leader delle aree interne da tempo in guerra ‘sporca’ contro di lui – gli tirino brutti scherzi. Certo, Orlando punge («Renzi è stato eletto segretario ma non ancora imperatore»), ma Franceschini, invece, media. Ma Renzi è tranquillo perché, come ripete, «I numeri, in Direzione, li ho io. Vogliono sfiduciarmi? Auguri!».  La vera apertura del leader è un’altra. Renzi sarebbe infatti pronto a fare un «passo di lato». Il suo ragionamento si snoda così: «Il Rosatellum non prevede la figura del candidato premier. Il centrodestra non lo ha. Volete che non sia io per il centrosinistra? – sbotta –. Bene. Facciamo così: se il Pd va male e altre forze di sinistra molto bene saranno loro a indicare a Mattarella un altro nome del Pd. Gentiloni? Delrio? Vedremo. Se invece il Pd resterà forte, come dicono tutti i sondaggi, sarò io».    Basterà all’asse nascente Pisapia-Bonino? No. Ieri, all’ora di pranzo, Pisapia è andato a trovare il presidente del Senato Pietro Grasso. Due i corni del dilemma affrontati dai due, entrambi assai allarmati dal voto siciliano. Il primo: la lista di Fava è andata male. Ergo, il valore aggiunto di Mdp è pari allo zero virgola. Secondo: neppure Grasso, oltre a Pisapia, vuole accollarsi «tutto il cucuzzaro» della sinistra radicale: i vari Fratoianni (SI), Acerbo (Prc), eccetera.

Domenica 12 novembre si terrà la convention nazionale di Campo progressista: sul palco saliranno, con Pisapia, forse la Bonino, di certo la Boldrini (la data è stata spostata per lei) e forse persino Grasso. Dal palco la proposta che Pisapia farà al Pd sarà questa: «Se Renzi accetta di non essere più lui il dominus del centrosinistra bene, ma deve farsi da parte e cedere lo scettro a Gentiloni o altri, altrimenti ognuno per la sua strada. Noi andremo da soli cercando di arrivare al 3% con l’idea forte di un Ulivo bis. Anche Mdp dovrà decidere da che parte stare». Vaste programme, avrebbe detto il generale De Gaulle.