Martedì 23 Aprile 2024

Renzi al Quirinale, colloquio sereno. Torna l’ipotesi di un premier Pd

Renzi non si oppone a soluzioni interne. Resta sullo sfondo il reincarico

Matteo Renzi e Sergio Mattarella (Ansa)

Matteo Renzi e Sergio Mattarella (Ansa)

Roma, 8 dicembre 2016 - Quaranta minuti per chiudere un’avventura durata 1000 giorni. Un faccia a faccia cordiale, molto meno teso del precedente, per formalizzare le dimissioni che il Presidente «si è riservato di accettare», secondo la prassi. Una stretta di mano che vale come presa d’atto della chiusura del primo tempo della partita: assieme al mandato, Renzi consegna nelle mani del Capo dello Stato una proposta che ha poche chance di andare in porto: «Un governo retto da un’ampia maggioranza». Su questa base, si aprono oggi le consultazioni che finiranno sabato pomeriggio: il calendario messo a punto dal Quirinale è minuzioso, sono previsti in tutto 26 colloqui compreso quello con l’esponente della Componente Unione sudamericana emigrati italiani del gruppo misto alla Camera. Il capo dello Stato utilizzerà gli incontri non solo per sentire umori – molti dei quali già noti – sull’ipotesi renziana ma anche per sondare il terreno in ogni direzione. Lasciando poi al partito di maggioranza relativa, ultimo a salire al Quirinale, il compito di individuare una strada alternativa qualora quella indicata ieri risultasse sbarrata. 

Durante il colloquio serale, Mattarella ha constatato che i margini di soluzione della crisi non sono così stretti come qualcuno temeva. L’atteggiamento del leader Pd viene definito aperto: nessuna richiesta perentoria di correre verso le urne di un governo rigorosamente renziano (magari dopo un breve passaggio in Aula) prima ancora che la Corte costituzionale abbia chiarito con quale legge voteremo. Anzi: per la prima volta negli ultimi giorni, Renzi è sembrato disponibile a dare un nome alternativo (da Gentiloni a Delrio) al suo per fare un governo che conduca rapidamente in porto la riforma delle due leggi elettorali e porti il Paese al voto. In un quadro piuttosto confuso, che vede accavallarsi le voci secondo cui il 24 gennaio, con la sua sentenza, la Consulta potrebbe mettere il Parlamento davanti all’urgenza di coordinare i sistemi di Camera e Senato, che attuale sono diversi. Di sicuro c’è che nelle ore precedenti alla visita al Quirinale, il leader del Pd era invece sembrato, al contrario, più sensibile alla pressione dei fedelissimi che gli chiedevano di restare a Palazzo Chigi, per andare a votare al più presto, subito dopo la sentenza. Non è escluso che su certi cambi d’umore abbia influito lo scambio di battute con Mattarella. Che avrebbe riportato sulla via di casa un leader del Pd determinato più a dare battaglia sul partito per ridurre a più miti consigli la sua minoranza interna, che su Palazzo Chigi. Quel che è difficile dire – conoscendo il suo carattere – è se l’animo renziano resterà su posizioni più dialoganti oppure no nei prossimi giorni.

Intanto, con il Colle si è sciolto il gelo. Né la scelta di non presentarsi assieme alla delegazione Pd sabato pare abbia urtato Mattarella. Le prime battute nella conversazione serale sono state sufficienti a diradare le nubi che si erano accumulate sul cielo di Palazzo Chigi: si è chiarito infatti che il Presidente non ce l’aveva con lui in particolare l’altro ieri quando aveva bloccato la corsa a rotta di collo verso le urne, perché lo slogan elezioni subito è comune a tutte le opposizioni. Non solo: Renzi ha preso pure atto che qualcuno gode a seminare zizzania quando sussurra che il suo ospite sta tramando con i concorrenti interni del Pd, a cominciare da Franceschini. A lume di naso, dunque, questo dovrebbe essere uno degli ultimi nomi sulla lista dei ‘papabili’ a sostituirlo a Palazzo Chigi.