Venerdì 19 Aprile 2024

Renzi sbotta: troppi sbagli, così non si arriva al 2018

Dopo il sì dell'Aula alla legge sulla legittima difesa, Renzi è sbottato: un pasticcio, va cambiata

Matteo Renzi con Paolo Gentiloni (Ansa)

Matteo Renzi con Paolo Gentiloni (Ansa)

Roma, 6 maggio 2017 - Sono passate 48 ore ma Renzi non si dà pace. Quello che è accaduto sulla legittima difesa per lui è il segno che così non va e non può andare avanti. Con gli amici non fa che ripetere: "Mi domando in che modo riusciremo ad arrivare al 2018 se si continuano a fare sbagli di questo genere". La sua idea è che manchi una visione generale, anzi c’è "carenza di regia", è la frase che ricorre nei suoi sfoghi privatissimi: senza una guida politica – il ragionamento – si va a sbattere. L’esempio della legittima difesa è lampante: "Ci ridono dietro tutti, ma come si fa a distinguere il giorno dalla notte? Se uno piomba a casa mia alle tre del pomeriggio che faccio? Gli dico di ripassare verso sera?". Non usa giri di parole contro un provvedimento che considera "indifendibile", su cui non ci pensa proprio a mettere la faccia, malgrado avesse nei giorni scorsi spinto perché andasse in Aula.

"Se tu scrivi in un testo che sei giustificato se spari di notte a chi ti aggredisce – si lascia andare coi suoi – in qualsiasi modo poi lo spieghi tecnicamente, diventa indigeribile per gli italiani. Figuriamoci se usi una congiunzione ambigua come ‘ovvero’. Chi vuoi che ti capisca?". Da buon conoscitore dell’opinione pubblica, gli è bastato passare qualche ora su Facebook e scorrere i messaggi grondanti feroce ironia per capire che quella roba – targata Pd – davvero non funzionava, era un pasticcio. Difficile dire se, come i più maliziosi insinuano, non abbia ancora rinunciato al sogno delle elezioni anticipate, di sicuro però gli preme non logorare il rapporto con l’opinione pubblica, visto che al massimo tra un anno finisce la legislatura e si torna a votare. Ragion per cui attacca a testa bassa anche la norma sul telemarketing passata l’altro giorno al Senato: invece di bloccare le telefonate moleste – spiega – pare che le agevoli. "Ho chiesto informazioni. So che è un emendamento del Movimento 5 Stelle che è stato accolto. Ma sinceramente mi sembra un errore", assicura.

Per il momento, l’unico elemento certo è che il provvedimento sulla legittima difesa per Renzi va cambiato al Senato. I numeri, si sa, lì sono risicati: un inasprimento potrebbe garantire l’appoggio di Forza Italia che, fino all’ultimo, alla Camera è stata indecisa se appoggiare o no il provvedimento? "Noi votiamo la nostra proposta – taglia corto la vice presidente del gruppo, Anna Maria Bernini – niente inciuci". Serve una complicata quadratura del cerchio per soddisfare le due ali della maggioranza: Mdp da un lato, centristi dall’altro. È il motivo per cui c’è già chi prevede che il testo finirà su un binario morto. "Anche se andrà così – dice l’ex presidente del Consiglio ai suoi collaboratori – io comunque ho fatto il mio dovere fino in fondo, fino all’esasperazione. Addirittura arrivando a umiliare persino i miei parlamentari".

Agli occhi di alcuni renziani, quelli che non gettano acqua sul fuoco, una bella fetta di responsabilità nella vicenda ce l’ha Anna Finocchiaro, in quanto ministro dei rapporti con il Parlamento. Da lei si sarebbero attesi una posizione meno compiacente con quanto stava maturando a Montecitorio. Qualcosa secondo Renzi non ha funzionato: è mancato il coordinamento tra presidente del Consiglio, ministro e partito. È lì che non c’è stata una mano per indirizzare. "In passato certe cose non accadevano – aggiunge parlando con le persone di cui si fida – occorre darsi un metodo di lavoro. Altrimenti un anno così e andiamo allo sfascio".

Nello stesso tempo si rende conto che votare è difficile, con Mattarella di trasverso, la legge elettorale non ancora in sicurezza ("noi vogliamo il maggioritario e ci proveremo fino alla fine: purtroppo non dipende solo da noi", spiega sui social network), una legge di Stabilità che va confezionata in autunno e i mercati pronti a reagire. E allora? Dall’esterno, l’impressione è che Renzi sia lì con il fucile puntato: pronto a sfruttare qualunque serio incidente giustificasse la fine della legislatura. È chiaro che se capiterà non se lo farà sfuggire.

Del resto, a Palazzo Madama si respira un’aria agitata: dietro l’angolo, ci sono una serie di nodi che stanno arrivando al pettine. Si comincia la prossima settimana con il provvedimento sulla tortura: è vero che è stata trovata la quadra, ma non si può mai dare nulla per scontato fino all’approvazione. Ma poi ci sono il testamento biologico e lo ius soli: il rischio per Gentiloni di non uscirne indenne c’è. Troppe spinte centripete potrebbero mandare a gambe all’aria la maggioranza. Mettiamo pure che il premier resti in sella: in autunno il suo esecutivo sarà chiamato a prendere scelte impopolari, che incideranno sulle tasche degli italiani. È ragionevole pensare che Renzi cerchi di distinguere il suo destino da quello di chi sta a Palazzo Chigi.