Primarie Pd 2019, il regolamento. Cosa succede se nessuno supera il 50%

L'iter, cosa si elegge insieme al segretario, come funziona il ballottaggio. Tutte le novità dello statuto

Primarie Pd (Ansa)

Primarie Pd (Ansa)

Roma, 2 marzo 2019 – Come si è arrivati ai gazebo democratici? Quanti voti servono per eleggere il segretario del Pd? In caso di ballottaggio si tornerà ai seggi? Ecco il regolamento delle primarie Pd, che si tengono domenica 3 marzo 2019 dalle 8 alle 20 in 7.000 gazebo sparsi in Italia, divise per punti. 

Primarie Pd, come si vota: la guida

L’ITER PER I GAZEBO Le primarie democratiche, in realtà, sono iniziate già da quasi due mesi. Dal 7 al 27 gennaio di quest’anno, infatti, in tutta Italia si sono tenute le riunioni dei circoli per il voto dei soli iscritti al partito.

I CANDIDATI Domenica 3 marzo, dunque, arriva una pattuglia di candidati già ‘ristretta’. Il 3 febbraio, infatti, è stato ufficializzato il risultato del voto degli iscritti e i 3 candidati più votati sono stati Nicola Zingaretti, che ha ottenuto 88.918 voti (47,38%), Maurizio Martina (con 67.749 voti, pari al 36,10%) e Roberto Giachetti (con 20.887 preferenze, pari al 11,13%). Sono rimasti esclusi Francesco Boccia (4%), Maria Saladino – l’unica donna tra gli aspiranti segretari - e Dario Corallo.

COSA SI ELEGGE INSIEME AL SEGRETARIO Insieme al segretario si elegge anche l’Assemblea del Pd, che consta di mille membri. Per il voto basta la x sul nome del candidato, automaticamente va anche alla lista collegata.

IN CASO DI BALLOTTAGGIO Vince il candidato che avrà raggiunto il 50% più uno dei voti dei partecipanti. In caso nessuno raggiunta tale percentuale, l’ultimo round è previsto per il 17 marzo: in quel giorno si riunirà l’assemblea e i membri voteranno per uno dei due candidati rimasti, ovvero il primo e il secondo classificato. Chi prenderà più voti sarà eletto segretario.

CANDIDATO PREMIER NON PIÙ AUTOMATICO  A differenza delle scorse volte, chi sarà eletto segretario del Pd non sarà automaticamente anche il prossimo candidato premier del Pd (o del centrosinistra in caso di coalizione). Questa regola dello statuto è stata cambiata lo scorso novembre, ormai troppo rigida per tempi ‘fluidi’ come questi.

I PRECEDENTI L’esordio delle primarie è avvenuto nel 2005: allora servirono per eleggere il candidato a premier dell’Unione, formazione di centrosinistra allargato. Vinse Romano Prodi, con un’affluenza record 4,7 milioni di persone. Le ultime due edizione sono state vinte da Matteo Renzi: nel 2013, il ‘rottamatore’ (che era stato sconfitto da Bersani nelle primarie di centrosinistra) si prende il partito (surclassando Cuperlo e Civati) con 2,7 milioni di elettori alle urne, e nel 2017, quando ormai Renzi non è più premier dopo la batosta sul referendum costituzionale (a essere sconfitti sono Orlando ed Emiliano, l’affluenza si fermò a 1,8 milioni di simpatizzanti e iscritti). Nell’ultimo periodo, dopo le dimissioni di Renzi da segretario, il reggente del partito è stato Maurizio Martina