Primarie Pd: i dem non guadagnano consensi. Il dibattito interno: è l’ultima volta?

Incubo flop: nei sondaggi nazionali il Nazareno conquista appena lo 0,7% in più della settimana scorsa. Consultazioni online, molto rumore per nulla: si sono iscritti in mille in Italia e 1.700 all’estero

Roma, 22 febbraio 2023 - Il 26 febbraio ci sono le primarie del Pd, a giocarsela sono Stefano Bonaccini (che nei congressi di circolo ha preso 79.787 voti, il 52,87 per cento) ed Elly Schlein (52.637 voti, il 34,88 per cento). E fin qui tutto nella norma. Resta da capire però quanta gente andrà a votare. Nel 2019, quando fu eletto segretario Nicola Zingaretti, parteciparono 1 milione e 600 mila persone. La metà dei 3 milioni che votarono alle primarie del 2007. Altri tempi. Stavolta arrivare al milione di voti verrebbe scambiato per un successo insperato. "Alla fine arriveranno lì, o comunque sarà il numero che daranno, perché servirà a chi vince e anche a chi perde", ci dice una ex parlamentare del Pd. Le primarie sono aperte a tutti, non soltanto agli iscritti al Pd, i seggi a disposizione sono 5 mila (duemila in meno rispetto al 2019). Fino alle 14 di sabato 18 febbraio ci si poteva iscrivere anche per le primarie online, solo per casi limitati: all’estero si sono iscritti in 1.740, in Italia 1.055. La campagna elettorale è stata abbastanza sottotono, tant’è che il Pd non pare aver beneficiato moltissimo dell’effetto primarie.

Elly Schlein e Stefano Bonaccini
Elly Schlein e Stefano Bonaccini

L’ultimo sondaggio Swg per La7 dà tuttavia uno 0,7 per cento in più per il Pd rispetto alla settimana precedente, arrivando al 15,8 (identico al calo del M5s, che ora è al 17 per cento: -0,7). Intendiamoci, niente di clamoroso. Tra i due candidati, Schlein sembra essere potenzialmente più in grado di allargare verso sinistra il bacino elettorale, attirando quindi il voto di chi non è iscritto al Pd, ma la domanda è quanto sia ampio questo spazio alla sinistra del partito che fu di Veltroni, Franceschini, Renzi, Zingaretti, Letta. Nel comitato Schlein, comunque, sperano nel ribaltone dopo il voto nei circoli, magari grazie al voto delle grandi città, dove la parlamentare è andata bene.

Bonaccini non è certo Renzi, nonostante sia stato renziano: non attira i voti del centrodestra come accadde alle primarie fiorentine del 2009 e come per un po’ ha continuato a fare l’ex presidente del Consiglio fino alle famose ma ormai ampiamente digerite elezioni europee di quasi dieci anni fa, quelle del 2014, quando il Pd prese il 40,8 per cento. Le percentuali bulgare, pardon, sanremesi, sono assai lontane e la primavera tarda ad arrivare. Forse al Pd servirebbe Amadeus. Anche per gestire il dibattito che già è in corso (non da ora a dire il vero) sullo strumento delle primarie. Farle ancora, non farle più? "La prossima volta facciamo che 151.000 iscritti e iscritte al Pd siano sufficienti a eleggere il segretario o la segretaria?", ha chiesto Gianni Cuperlo, arrivato terzo nel voto dei circoli (12.008 voti, pari al 7,96 per cento), che ieri sera ha riunito i suoi per decidere su chi far convergere i voti.

Il dibattito, va detto, è antico: se si deve eleggere un segretario di partito, è normale che possano votare tutti? Lo strumento è ormai obsoleto? Ma no, risponderebbe Arturo Parisi, negare le primarie significa negare il Pd. Quello del 2007, ma anche quello del 2023.