Martedì 23 Aprile 2024

Primarie Pd, Minniti vola in pole. Ma l’esito dei gazebo non basterà

Sondaggio: se corre, l'ex ministro è davanti a Zingaretti

Maurizio Martina e il premier spagnolo Pedro Sanchez (Ansa)

Maurizio Martina e il premier spagnolo Pedro Sanchez (Ansa)

Milano, 28 ottobre 2018 - Le primarie del Pd sono state annunciate per febbraio, ma non ancora confermate. In un ‘tira e molla’ tra le diverse anime del partito, si è acceso lo scontro tra le prime candidature già in campo e le altre di cui si attende ancora l’ufficializzazione. Al momento gli scenari probabili sono due.  Il quadro attuale prevede il confronto tra il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, Matteo Richetti, l’ex portavoce di Renzi alle primarie 2017, il parlamentare pugliese Francesco Bocccia e il giovane outsider Dario Corallo. A questi, però, si potrebbe aggiungere l’ex ministro degli Interni, Marco Minniti, che finora non ha sciolto la riserva. 

È appunto il fattore M, cioè la presenza o meno di Minniti, che potrà rendere più incerto e avvincente il risultato. Nel caso in cui l’ex capo del Viminale non dovesse partecipare alla competizione, i giochi sembrerebbero già scritti: Zingaretti è quotato al 66% (3 punti sotto a quanto raccolse Renzi nelle ultime consultazioni), segue Richetti (ma staccato) al 23%, Boccia fermo al 9%, mentre Corallo non va oltre il 2%. Con questi risultati, il presidente della Regione Lazio sarebbe il nuovo segretario del PD, e per la prima volta un governatore in carica diventerebbe capo del partito. 

L'ingresso di Minniti cambia però radicalmente lo scenario: si assisterebbe a un testa a testa tra Zingaretti e l’ex responsabile del Viminale, con quest’ultimo addirittura in leggero vantaggio. Minniti infatti è quotato al 43%, Zingaretti al 41%, poi molto staccati tutti gli altri: Richetti all’8%, Boccia al 6% e Corallo al 2%. Però bisogna fare attenzione. Il regolamento del PD prevede che, nel caso in cui nessun candidato superi il 50%, il segretario dovrà essere eletto dall’assemblea degli iscritti a voto segreto. Per la prima volta, dunque, i gazebo potrebbero non essere decisivi nella scelta del capo del PD, a quel punto eletto dall’assemblea, quindi dal proprio personale politico, rendendo vano l’esito della partecipazione popolare, destinata a una platea più ampia di simpatizzanti. Pertanto, la partecipazione di Minniti produce un effetto politico maggiore del consenso elettorale che è capace di attrarre: diventa molto probabile che il nuovo leader del PD venga scelto solo dal ceto politico interno, dai propri iscritti. 

È chiaro che i giochi si potrebbero riaprire con il ballottaggio, al quale hanno diritto di voto segreto esclusivamente i componenti dell’assemblea. Quindi le percentuali, seppure minime, di Richetti, Boccia e Corallo potrebbero diventare l’ago della bilancia nel caso in cui, così come è in questo sondaggio, la differenza di consenso tra i due maggiori concorrenti sia solo di qualche punto. Con questo regolamento, il fattore M vale doppio: sposterebbe la decisione sulle elezione del segretario dal cosiddetto ‘popolo delle primarie’ ai soli iscritti, col vantaggio che, in questo secondo tempo di ballottaggio interno, si possono stipulare alleanze last minute dagli esiti oggi imprevedibili. Un ritorno al passato.

Antonio Noto *Direttore Noto Sondaggi