Presidenzialismo sì o no? "Riforme legittime. Ma no a salti nel buio e derive populiste"

Sofia Ventura: "Il rischio è l’incompetenza e la partigianeria". Seguire la lezione del grande scienziato della politica Sartori: "Lo studioso faccia lo studioso, cioè serva il sapere e non il potere"

D'Alema e Berlusconi furono protagonisti di una bicamerale per le riforme

D'Alema e Berlusconi furono protagonisti di una bicamerale per le riforme

Tornano al centro dell’agenda politica italiana le riforme istituzionali, in particolare la revisione della nostra forma di governo. La spinta proviene dalla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Aperta al parere di tutte le forze politiche, se non si riesce a trovare un percorso comune si è detta pronta a procedere con la propria maggioranza. Non vogliamo scandalizzarci per questo.

Ciò che, invece, deve preoccupare, è che un eventuale percorso di riforma si sviluppi ancora una volta nella nebbia di incompetenza e partigianeria che troppo spesso accompagna le discussioni sulle politiche pubbliche in Italia.

Presidenzialismo sì o no? "Sono parlamentarista, ma il sistema è in crisi"

Segnali già giungono a tal proposito. Sono cominciati, infatti, generici richiami al presidenzialismo o all’elezione diretta del premier che sembrano soprattutto rispondere alla necessità di alcune forze politiche di distinguersi e cavalcare innovazioni che a orecchio paiono funzionare. Così, poiché di nuovo dovremo cimentarci in questo esercizio collettivo di confronto, val forse la pena cominciare col ricordare due raccomandazioni che nel 2003, commentando le ennesime proposte di riforma, faceva il maestro della scienza politica italiana e scienziato di fama internazionale, Giovanni Sartori. Sartori innanzitutto metteva in guardia dai suoi stessi colleghi. "Lo studioso faccia lo studioso – scriveva – cioè serva il sapere, non il potere".

Perché è normale che il politico cerchi lo studioso ideologizzato (o, aggiungiamo noi, attratto dal potere) che lo assecondi. Ma se quel politico non trovasse studiosi compiacenti, forse si risolverebbe ad ascoltare chi davvero ne sa più di lui e non teme di usare il proprio sapere per contraddirlo. Se, come probabile, si moltiplicheranno invece i consiglieri “embedded“ del Principe, avremo un sovrappiù di discorso pubblico “fintamente informato” e ingannevole a causa di un prestigio (quello dello studioso) male utilizzato.

La seconda raccomandazione di Sartori riguardava la natura sistemica dell’ingranaggio di governo. Il sistema (appunto) di governo dipende da sistemi elettorale e partitico; è un "edificio a tre piani", scriveva.

E, purtroppo, i politici (consiglieri inclusi) tendono ad accomodarsi al terzo piano, senza preoccuparsi del fatto che – continuando noi con la metafora – qualunque sia la natura della ristrutturazione, la funzionalità di quel piano dipenderà dagli altri due.

Sistema semipresidenziale sul modello francese, premierato forte e premierato elettivo (un premier forte eletto direttamente) sono i sistemi dei quali si sta cominciando a discutere. Se si volessero seguire i consigli di Sartori, di ognuno bisognerebbe domandarsi come ha funzionato dove è stato adottato, in virtù di quali condizioni, se le trasformazioni delle democrazie contemporanee rendono utili oggi sistemi che hanno funzionato ieri, e via dicendo.

E bisognerebbe anche non dare per scontate certe narrazioni, come quella per cui un governo che dura è di per sé un governo efficiente o quella che vede nel continuo ricorso a elezioni per risolvere impasse un valore aggiunto di democraticità.

Se così si facesse, si passerebbe subito a spiegare ai fautori del “premier eletto direttamente“ che le democrazie non sono il gioco del Meccano (e per ora, a questo proposito, rimando allo scritto di Sartori: 22003, Rivista di Italiana di Scienza Politica).

Al tempo stesso, ai cultori del premierato forte o del semipresidenzialismo si consiglierebbe di studiare a fondo premesse e implicazioni di quei sistemi prima di difendere a spada tratta avventate “importazioni“. Ma qualcuno vorrà seguire i consigli di Sartori? Il timore è che si preferirà piuttosto sventolare bandiere popolari (e magari anche un po’ populiste). Vedremo.

(2 - continua)